Alla vicenda di Luisa Sanfelice si sono dedicati molti letterati: un’eccezione è rappresentata dalle pagine scritte dagli storici Benedetto Croce e Pietro Colletta
Il film dei fratelli Taviani, invece, ne stravolge la storia, come sovente accade nella finzione cinematografica, trasformando le avventure galanti della nobildonna in passione politica.
Infatti, Luisa, poco c’entra con la rivoluzione partenopea del 1799, sebbene ne venga travolta, suo malgrado, fino a diventarne l’eroina.
La bellissima e passionale De Molino, figlia di un ufficiale spagnolo, giunge a Napoli al seguito di Carlo di Borbone. A diciassette anni sposa Andrea Sanfelice, suo cugino e cadetto di sangue nobile, ma sfaccendato, instabile e incline ai debiti; a Palazzo i ricevimenti diventarono fastosi e ben presto la sua giovane consorte diventò una delle dame più eleganti della corte napoletana: i suoi polsi, i suoi lobi e il suo collo scultoreo erano sempre adornati da gioielli preziosissimi, doni splendidi del marito innamorato.
Il Sovrano stesso, Ferdinando IV di Borbone, tenta più volte di risanare le finanze dei giovani sposi, confinandoli anche in qualche luogo lontano. Intanto, lei mise alla luce tre figli, ma non rinunciava alla vita mondana e ad appassionate vicende sentimentali. Luisa “simpatizzava” anche con i giacobini, sempre in una dimensione rigorosamente privata.
Ma durante le rivoluzioni, ha scritto François Furet, il teatro della politica finisce per invadere ogni spazio, rompe le usuali barriere tra pubblico e privato, trascina in piazza nuovi attori e nuovi comprimari.
E fu trascinata in piazza anche la giovane Sanfelice: è amata da Gerardo Baccher che stava organizzando una cospirazione antifrancese e, per proteggerla, le consegna un salvacondotto, che lei, a sua volta, dona al magistrato filogiacobino, Ferdinando Ferri, suo amante, affinchè si salvi. Ferri convince Luisa a trasmetterlo alle autorità repubblicane.
Eleonora Pimentel Fonseca non tardò a pubblicare sul Monitore la notizia, indicando la Sanfelice come salvatrice della Repubblica.
L’articolo fu la causa principale della sua condanna.
La congiura viene sventata, Baccher arrestato e Luisa diventa un personaggio pubblico di rilievo. Come ricorda Pietro Colletta: “Era stata, per i suoi costumi, la vittima del pubblico vituperio e diventò la salvatrice della patria repubblicana”.
Insomma, un’icona. Ma, l’assunzione nell’empireo giacobino ne segnerà la sorte, perché il Sovrano, una volta riconquistato il Regno, si accanì contro di lei.
Altre donne e altri uomini condannati ebbero salva la vita, ma a lei, dopo una lunga catena di esecuzioni rimandate, l’accrescersi di un’opinione innocentista ed, infine, la bugia della gravidanza, il Re non volle concedere sconti.
Rappresentava, ormai, un simbolo e, come tale, considerata molto pericolosa.
L’11 settembre del 1800, a soli 36 anni, in Piazza del Mercato, accertate le sue condizioni, Luisa verrà troncata per sempre.
Da quel momento, diventò immortale.
Come solo lui sa fare, Benedetto Croce, ci racconta la vera storia di Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher, in sapiente delizioso indimenticabile crescendo narrativo (Sciascia).