Botti di fine anno. E se ad esplodere fosse anche la tua mano?

Questa è la foto di quello che resta della mano di un ragazzo che a soli 22 anni è stato vittima di un fuoco d’artificio

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FOTO (*)

La mano gli è stata amputata e al suo posto ora non c’è che un moncone.

Questa è l’immagine cruda che vi invitiamo a osservare per almeno 10 secondi prima di guardare altrove. Questa è l’immagine che dovreste ricordare ogni volta che sarete lì a festeggiare il capodanno e a far esplodere petardi e fuochi colorati.

La foto mostra una mano la cui carne è stata macellata, rivoltata come un calzino e strappata dalle ossa delle dita. Si notano due falangi completamente staccate e le altre dita che restano sono prive di ogni forma, devastate, senza un brandello di pelle intatto. Le ossa delle dita sono visibili e ricoperte solo in parte da uno strato di muscolo lacerato. I tendini sembrano fili di cotone che sbucano dalle pieghe della pelle ancora intatta del polso. La pelle del polso appare sollevata e piegata come il risvolto della manica di una camicia, come se il dito pollice fosse stato il polsino di quella camicia di pelle umana.

L’immagine è orripilante, non si riesce a tener su lo sguardo troppo a lungo sulla foto che vi mostriamo prima di avvertire un senso di nausea, un vuoto che sale dallo stomaco e che invade non solo il corpo ma la mente. La foto è stata scattata dal dottor Andrea Atzei, chirurgo della mano, polso e gomito del Policlinico “G. B. Rossi” di Verona. Questa immagine è molto più efficace di ogni discorso per la prevenzione dai danni dei fuochi pirotecnici usati la notte di capodanno.

I chirurghi che devono amputare l’arto informe devastato dalla deflagrazione, devono procedere per prima allo svuotamento del sangue dall’arto mediante fasciatura elastica ed eventualmente devono sottoporlo a perfrigerazione. Ciò che resta al termine dell’intervento è il “moncone”. È questo il termine per definire l’estremo dell’arto amputato. I dolori non terminano con l’amputazione, e a quello emotivo, accompagnato dallo shock di aver visto con i propri occhi il proprio arto smembrato dall’asplosione, si aggiungono “dolori particolari che il paziente avverte come provenienti dall’arto o dal segmento di esso asportato” definito come arto fantasma, un piede o una mano che anche se non sono più parte del proprio corpo, è come se fossero ancora lì, attaccati al proprio braccio o gamba doloranti come nel giorno in cui si sono lacerati fino a far scorgere distintamente le ossa sotto la carne bruciata.

È la protesi l’unico rimedio alla perdita di un arto, che può essere applicato dopo alcuni mesi dall’amputazione e che ha come punto di appoggio il moncone. Alcune volte questa estremità può assumere delle forme particolari, come il “moncone conico d’amputazione in cui esiste una sproporzione tra il livello di sezione delle parti molli e quello dello scheletro. Una forma particolare di moncone conico è quello degli adolescenti, imputabile al fatto che, mentre l’osso continua ad allungarsi, le parti molli rimangono pressappoco invariate”.

Potrebbe capitare a ognuno, potrebbe capitare a me, mentre tra le risate e lo spumante, per distrazione o fatalità, o peggio, per la mia idiozia, non presto la massima attenzione a quell’ordigno maledetto, un fuoco d’artificio che dovrebbe far divertire, ma che è fatto della stessa sostanza delle bombe usate in guerra: la polvere da sparo. Potrebbe capitare a mio figlio, che nell’innocenza dell’età non bada a ciò che tocca e incoraggiato dalla curiosità raccoglie da terra un petardo che non è scoppiato quando avrebbe dovuto. Potrebbe capitare alla persona che più amo, che si vanta della sua condotta prudente in ogni caso, ma con la polvere da sparo, soprattutto se parliamo di fuochi d’artificio la cui provenienza è al 50 % dei casi di provenienza illegale, la sola prudenza a volte non basta e restare illesi diventa un terno al lotto.

Dal Rapporto “Sorveglianza lesioni da fuochi d’artificio” del Dipartimento di Prevenzione ASL NA 1 Servizio Epidemiologia e Prevenzione, si legge che il valore in percentuale delle lesioni che si sono verificate nell’anno 2011/12 sono in prevalenza costituite da ustioni con il 73,8% e da contusioni con il 37,5%. In aumento rispetto agli anni precedenti le lacerazioni con il 28,8%. Rilevante il dato, anche se in lieve calo rispetto all’anno precedente, la percentuale delle lesioni più gravi e debilitanti quali lo sfacelo traumatico con il 18,8% e l’amputazione delle dita delle mani con il 3,8%.

FareAmbiente, il Movimento ecologista europeo ha presentato il dossier su “Legalità e Fuochi Pirotecnici”. Dal rapporto si evince che le vittime degli incidenti mortali causati da fuochi d’artificio dal 1998 nal 2013 sono state 56. Il giro d’affari dei fuochi d’artificio venduti soprattutto per capodanno è altissimo ma solo il 50% del fatturato è proveniente dalla vendita di materiale pirotecnico prodotto nella legalità. Sono oltre 700 le aziende in Italia che li vendono producendo un fatturato annuo di oltre 100 milioni di euro. Il restante 50% dei prodotti pirotecnici, quelli provenienti dalla vendita illegale, partono maggiormente dalla Cina e paesi dell’est Europa per trovare un ricco mercato in Italia.

La caratteristica delle aziende italiane dei fuochi d’artificio che trova un mercato florido, è l’attività prevalentemente monofamiliare e artigianale e che sono quindi di piccole dimensioni, una condizione che rende potenzialmente più alto il rischio di infortuni del settore.

In Campania si registra una percentuale molto elevata di incidenti all’interno delle stesse aziende produttrici, con il 20% degli infortuni e quasi la metà di tutti i decessi del settore. Dal 1998 a oggi si sono registrati in Italia 14 esplosioni all’interno di fabbriche di fuochi d’artificio.

Vedendo questa foto non possiamo non pensare di preferire i coriandoli di carta sparati in casa accompagnati dal botto del tappo di sughero di un buon spumante stappato per festeggiare il capodanno.

FOTO: scattata dal Dottor Andrea Atzei (chirurgo della mano, polso e gomito del Policlinico “G.B.Rossi” di Verona). Tratta da: nocensura.com

8 thoughts on “Botti di fine anno. E se ad esplodere fosse anche la tua mano?

  1. Rabbrividisco ancora, pensando a quella immagine. E pensare che io da ragazzino fabbricavo i botti, in maniera illegale! Addirittura confezionavamo la polvere pirica acquistando in farmacia: antimonio, zolfo e potassio e,poi, in un vecchio garage, assemblavamo questi botti. Ma eravamo appena dopo l’ultima guerra mondiale ed avevamo una certa dimestichezza con le armi ed i residuati bellici. L a dinamite non ci spaventava, la facevamo esplodere nei bidoni di ferro….

      1. Genio sei tu! basta scrivere su Google: composizione dei botti e ti escono manuali da enciclopedia! E poi lo sanno pure i ragazzini di cosa sono fatti…

      2. Gentile Lettore, come del resto ha già detto l’autore del post, la composizione dei fuochi d’artificio non è di certo una formula segreta. Basta essere andati a scuola e magari aver studiato chimica. Oppure essere bravi a cercare informazioni sul web.

  2. Non è nemmeno tanto per le persone che li usano, perché lo fanno a loro rischio e pericolo, ma se quei deficienti ne lasciano per terra di inesplosi e poi un bambino ci rimette una gamba, quello sì che è una brutta cosa.

    1. Dai su, cosa? Lei ha letto il pezzo? O si è limitato a guardare le figure sfogliando NT? Nessuno dice che la mano spappolata sia di questi giorni! E speriamo di non doverne vedere di immagini fresche come quella da noi ripresa SOLO ed esclusivamente a scopo dimostrativo di quanto alcuni siano davvero stupidi e superficiali fino al punto di determinare questi accadimenti! Buon prosieguo e buon capodanno.

  3. Su queste basi dovremmo smettere di usare coltelli, automobili, martelli, cacciaviti, macchine utensili… Tutte le cose possono essere mortali o pericolose, ciò che cambia è la persona, un coltello può essere usato con criterio, per affettare la verdura, o come un idiota, amputandosi un dito affettando zucchine, o come un pazzo, ammazzando la nonna perché il sufflé non era buono. Se uno è coglxxne si merita questa fine, anzi, gliela auguro. La chiamo “selezione naturale”.

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