La lettera di Passion Time
Vi scrivo questa lettera per liberarmi di un peso, di un macigno che mi preme in petto ogni volta che la mente torna ai ricordi più bui che ho vissuto e che non ho avuto mai l’ardire di raccontare a nessuno. La mia è una lettera anonima perché io non ho coraggio a manifestarmi, non affronto mai a muso duro le mie paure, le aggiro cercando di dimenticare e passare oltre. Sono passati ormai 15 anni, la mia vita è serena, una vita normale, tra alti e bassi, contornata dall’amore di mio marito e piena del sorriso del mio bambino. Sono serena sì, ma… perché c’è un ma; sovente, capita che la tristezza, anzi la malinconia, si intrufoli con prepotenza nella mia mente, proprio quando meno me l’aspetto, in momenti in cui non avrei nulla per essere triste o preoccupata. La notte, insonne e sconsolata mi metto a lavorare al computer circondandomi dell’unica cosa che mi tranquillizza: il silenzio.
L’angoscia, il senso di nausea e quella morsa al petto, mi avvolge all’improvviso, una sensazione di malessere emotivo che diventa malessere fisico. Nei recenti giorni di festa, di incontro con la famiglia al completo, le mie emozioni come al solito si sono amplificate tanto da diventare dolore fisico, con attacchi di gastrite ed emicrania.
A differenza di quanto capita a molti, io non mi ritrovo nel modo di dire, parenti serpenti, e non vorrei essere altrove se non in mezzo alla mia famiglia, ma nonostante tutto, nonostante l’amore che ricevo, mi sento malinconica, con addosso quella strana sensazione, come se all’improvviso dovesse capitare qualcosa di brutto, come se tutto il bello che mi circonda potesse svanire in un istante. La maschera che indosso è impenetrabile, nessuno si accorge di nulla, nessuno sa quello che provo, il mio sorriso è la mia forza perché non voglio che nessuno sappia quanto mi sento male, perché nessuno deve sapere da dove nasce la mia paura.
La sera di capodanno, per smorzare il mio vuoto allo stomaco e il senso di impotenza, ho abbracciato con forza il mio bambino, come se stessi per perderlo per sempre, come se l’amore e le attenzioni che gli do non fossero abbastanza, e sussurrandogli gli ho chiesto: “Sai che mamma ti vuole tanto bene?”
Al suo “Sì” quell’ombra nera che mi oscurava la mente, come l’incantesimo di una strega malefica, si è dissolta ed ero semplicemente felice e serena. La serata è andata bene e le chiacchiere con le zie sono state piacevoli, anche se tra un sorriso, un dolcino e un brindisi in allegria, la mia mente, ancora una volta è tornata lì, a 15 anni fa.
Avevo 20 anni. Ero con lui, ricordo che piangevo e non volevo. Lo avevo tradito il giorno prima, ero pentita, era stato orrendo, perché mi ero spinta fino a quel punto? Perché avevo permesso a quell’uomo tanto più vecchio di me di toccarmi? Sentivo ancora il suo odore addosso, il sapone non lo lavava via. In realtà sapevo perché lo avevo fatto. Mi ero presa una sbandata per lui, un uomo sposato. Non mi importava di nulla, tanto meno del mio fidanzato, avrei rischiato tutto per stare almeno una volta con quell’uomo che un giorno mi aveva baciata e quel bacio mi aveva stregata.
Quando capii che non mi avrebbe più chiamata persi la testa e quando il mio capo, mi chiese spudoratamente se volevo stare con lui, mi bloccai e come un’automa, non dissi niente, non feci nulla per fermarlo e lo lasciai fare, abbandonando lì il mio corpo, in balia delle sue voglie. Non so cosa mi fece più soffrire, se il pensiero ancora vivo delle mani di quell’uomo su di me, o la reazione animale del mio ragazzo. Era il mio ragazzo, diceva che mi perdonava, ma io non volevo essere perdonata, io non volevo farlo, ma lui non si fermò, mi vedeva piangere, sapeva che non avrei urlato, mia mamma era al piano di sotto e mi disse: “Ora è il mio turno….”, il resto preferisco dimenticarlo.
Lettera anonima
Cara Lettrice,
grazie della tua lettera che mi ha profondamente colpito, mi dispiace molto leggere che il tuo cuore urla ancora e questo dolore è così spesso che neanche il tempo è riuscito a scalfirlo. Ma più di una volta ho letto le tue parole soffermandomi sulle violenze subite perché, scusa se uso un termine così forte, di questo si tratta, e ad ogni lettura ho percepito una forza interiore che tu, anche se spesso ti senti sopraffatta e malinconica hai, e che prepotentemente vuole uscire per superare quanto accaduto.
“Vi scrivo questa lettera per liberarmi…”, così inizi il tuo sfogo usando la bellissima parola “liberarmi” e la scelta di questo termine mi dà subito la misura che un po’ di luce sta rischiarando l’oscurità. Che la rabbia che provi verso quei due uomini, e forse verso te stessa per non aver reagito cambiando il corso degli eventi, si sta mitigando. C’è la voglia di parlare, cosa che, per tua ammissione, non hai mai avuto il coraggio di fare con nessuno. C’è la forza di vergare la tua storia su carta e cercare la via per far scorrere fuori il fiume di ricordi e renderti libera, finalmente.
Io credo che tu sia pronta per il salto, per superare tutto questo. Affronta il viaggio della vita con il cuore, come hai sempre fatto, e guardati intorno, osservati: la tua limpidezza non è stata appannata, sei dove desideri stare e accanto a coloro che ami, questo conta. Quanto è accaduto non ha cambiato la tua integrità, le tue scelte. Convivi con le tue cicatrici, fattele amiche, loro ti hanno accompagnato verso ciò che sei oggi: una donna, una mamma, una compagna. Vivi la tua vita a pieno e non restare in apnea in balia dei ricordi, respira, riempi d’aria e vitalità i polmoni e tieni a mente solo quel “sì” pronunciato dal tuo bambino.
“Se tieni lo sguardo fisso verso il sole, le ombre cadranno dietro di te”, dice un saggio proverbio, il sole lo hai lì intorno, non scordarlo mai, dimentica quei giorni lontani, non farli tornare, lasciali lì nel passato dove devono restare.