Zaire, il ceppo della Febbre emorragica più pericoloso che ha ucciso in pochi giorni centinaia di persone in Africa. Il Ministero della Difesa italiano è in allerta per scongiurare una eventuale epidemia, non accadeva dal 1970
L’Europa, Italia compresa, mantiene la calma e rassicura i propri cittadini dal pericolo di diffusione del virus dell’Ebola nel vecchio continente, come se l’Africa fosse lontanissima e la globalizzazione non esistesse. Se è vero che l’allarmismo non va alimentato, è altrettanto vero che anche la posizione dell’OMS è contraddittoria, perché se da un lato “non raccomanda, al momento, restrizioni di viaggi e movimenti internazionali di persone, mezzi di trasporto e merci”, dall’altro è lo stesso vice direttore generale dell’OMS Keiji Fukuda ad ammettere che “l’attuale esplosione di focolai in Guinea e Liberia è tra le più difficili mai affrontate e potrebbe proseguire ancora per 3-4 mesi”. Per l’OMS, per evitare la diffusione del contagio, sarebbe necessario seguire solo alcune e basilari regole, come “evitare il contatto con malati e/o i loro fluidi corporei”.
In Italia il Ministero della Salute tranquillizza sull’ipotesi che la febbre emorragica varchi i confini Italiani e in una nota precisa che il ministero “ha dato per tempo disposizioni per il rafforzamento delle misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionali”. Per la prima volta dal 1970, il Ministero della Difesa è stato allertato per attivare le misure necessarie ad evitare un contagio del virus Ebola nel nostro Paese. Il Ministero della Salute ha in effetti inviato una nota all’Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce Rossa Italiana già il 4 aprile scorso al fine di attivare misure di vigilanza.
Il ceppo del virus Ebola che sta insanguinando la Guinea è tra il più pericoloso e letale. Si tratta del “Zaire”. In pochi giorni dall’inizio della epidemia, meno di quindici giorni fa, sono stati registrati più di cento morti e il virus ha già incominciato a diffondesi in altre Nazioni del cento Africa, tra cui Liberia, Ghana, Sierra Leone, Senegal e Mali Liberia. La situazione è molto preoccupante perché “rispetto ai passati 40 anni di piccole epidemie, purtroppo questa volta il virus non si è fermato ai villaggi rurali, ma ha iniziato a diffondersi in un grande centro urbano dove vivono due milioni di persone e si tratta del ceppo più aggressivo” ha spiegato Pierangelo Clerici, Presidente dei microbiologi dell’Amcli.
I senatori Lorenzo Battista segretario della commissione Difesa e Luis Alberto Orellana della commissione Esteri, dissentono in parte dall’eccessiva tranquillità che il ministero della Salute sta dimostrando nell’affrontare questa imponente emergenza sanitaria. “La preoccupazione c’è eccome, perché in questi giorni dall’Africa stanno arrivando centinaia e centinaia di immigrati e molti dall’Africa Centrale ed Equatoriale dove in alcuni paesi ci sono conflitti etnici e guerre civili – hanno commentato i due senatori, invitando alla massima allerta perché – si attivino dunque task force nei centri di prima accoglienza, nei porti, negli aeroporti e in particolare a Lampedusa, Pantelleria e sulle coste dell’ agrigentino”.
A Lampedusa in questi giorni è stata registrata la più grande ondata migratoria a partire dal 2011. In Sicilia sono giunti più di 3.000 profughi soltanto nella giornata di giovedì. Pietro Bartolo, coordinatore sanitario dell’isola di Lampedusa, ha di fatto mostrato una certa preoccupazione in quanto i controlli e l’identificazione dei disperati che arrivano in Italia non permette di individuarne con certezza la provenienza d’origine. “I migranti arrivati in questi, provengono in gran parte dalla Libia e questo dovrebbe escludere la presenza di portatori del virus ebola. Ma in ogni caso è meglio stare con gli occhi aperti perché la situazione è drammatica e non è possibile procedere all’identificazione dei migranti che arrivano”.
A destare ulteriori preoccupazione è anche il tempo di incubazione del virus che varia da 2 a 21 giorni, e dalla difficoltà di diagnosi nella prima fase della malattia che ha sintomi comuni a tanti altri virus e quindi c’è la possibilità reale, che nonostante i controlli alle frontiere, non si riesca a individuare per tempo i soggetti già infetti. I sintomi iniziali sono forte mal di testa, febbre, brividi di freddo, dolori muscolari e perdita d’appetito e solo in seguito iniziano a manifestarsi le prime lacerazioni cutanee seguite dalle violente emorragie, sia interne che esterne. Dopo alcuni giorni dalla manifestazione dei primi sintomi, le arterie incominciano a lacerarsi e il sangue fluisce da ogni orifizio del corpo, come occhi, orecchie e naso.