Perdita di coscienza dopo uno stress emotivo fortissimo. La lettera a Passion Time
Salerno, 13 giugno, ore 23, 30 – Oggi sono crollata, non ho retto alla tristezza, al senso di abbandono che mi invadeva l’anima. Le lacrime mi solcavano il viso, silenziose, cercavo di trattenere i singhiozzi con tutta me stessa in un pianto furioso e muto, fino a che il respiro mi è mancato così tanto da farmi svenire. Sono caduta a terra davanti agli occhi impauriti del mio bambino. L’attimo prima, guardando la finestra ho pensato: “ora mi butto”. Ero al limite, lo stress emotivo eccessivo e il mio corpo, come a volere resettare tutto, il pianto, la morsa al cuore, la disperazione, mi ha letteralmente staccato l’interruttore. Ero semicosciente, sentivo il mio bambino urlare, ma ero a terra paralizzata, incapace di aprire gli occhi. Lo odiavo in quel momento mio marito, ma ringraziavo il Signore che fosse ancora sull’uscio di casa e che avesse sentito piangere nostro figlio.
Era da tanto che non mi capitava, da quando la mia vita non era altro che un cumulo di bugie, simile ad una trappola per topi da cui non riuscivo a liberarmi. Poi il destino mi ha regalato una seconda occasione, sono stata felice, innamorata, piena di voglia di fare, di vivere. Ho costruito la mia famiglia sull’amore, sul rispetto e la condivisione. Poi è arrivato il mio bambino e tutto è stato ancora più dolce, la mia voglia di dare incondizionatamente tutta me stessa è stata ancora più forte.
Ho ricordi malinconici della mia adolescenza, ma ho più che altro il ricordo di aver vissuto con l’innocenza di chi non conosce il male e nel momento in cui ne ho preso coscienza, ho dovuto lottare contro me stessa per non sprofondare, combattendo contro quella forza dirompente che mi teneva in bilico tra la gioia di vivere e la depressione, il desiderio di morire.
Ho creduto di vincere, di essere forte, di aver ripreso possesso del mio destino, ma oggi sono tornata indietro nel tempo, sono tornata ad essere quella donna fragile, impotente, incapace di reagire al male o semplicemente di accettarlo con rassegnazione. Negli anni ho imparato che non sempre ci è concesso di lottare, la vita non si cambia schioccando le dita né urlando e imprecando come dei matti; le persone che ci circondano, quelle che si amano e che di conseguenza ci fanno più soffrire, restano quelle che sono, identiche a quando le hai conosciute e quando la vita che vorremmo ci appare solo una flebile illusione, dinanzi alla realtà cruda e spietata, la rassegnazione è l’unica arma di difesa efficace che ci permette di restare lucidi.
Nella mia vita ho sempre lavorato, la mia indipendenza è stata un punto decisivo di partenza in passato, sapevo che non potevo contare altro che su me stessa e ancor più non ero neppure capace di chiedere aiuto nei momenti di difficoltà. Oggi mi ritrovo ad aver perso completamente la mia indipendenza, ma nonostante tutto non ho ancora imparato a chiedere aiuto. Mio marito me l’ha rubata e la crisi lo ha solo aiutato. Non ho più la mia macchina né un lavoro e non ho la possibilità di poterne cercare uno. Non ho mai più di venti euro nel portafoglio, non posso fare io la spesa, non posso comprare io quello che serve per la casa, per il mio bambino. Quante volte mi è capitato di dover spiegare al mio angelo che non potevamo uscire perché mamma non aveva soldi. Oggi al telefono gli ho urlato: “mi hai tolto tutto, anche la voglia di vivere”. È vero i soldi sono pochi e certo lui non spende nulla per se. Lui continua ad essere nonostante tutto la mia anima gemella, la persona a cui confido le mie paure e a cui racconto le mie gioie, ma è la stessa persona che mi fa stare giorni senza un euro in tasca solo per “dimenticanza”. Ho pianto per giorni quando ho perso il lavoro e ho capito che avrei dovuto dipendere da lui. All’inizio non avevo neanche il coraggio di chiedergli i soldi, mi odiavo per questo, mi sentivo una mantenuta. Ma ora c’è il nostro bambino, dovrebbe essere diverso.
La mia famiglia, gli amici, nessuno, immagina le condizioni in cui vivo, condizioni che ho accettato per amore e che sopporto per non impazzire. Oggi non so perché, ma qualcosa è scattato nella mia mente, furiosa come una tempesta, portandomi via quella capacità di sopportazione e di rassegnazione che mi hanno permesso di vivere con il sorriso ogni giorno, felice e spensierata, pensando sempre positivo e carpendo il lato buono in ogni cosa, anche in quelle più orrende e nelle persone più spregevoli.
La crisi ci ha reso tutti più poveri, anche nell’anima. Ma si riparte, si ricomincia a vivere, determinati, senza più lacrime e senza il fucile imbracciato. Si ricomincia a sperare nel futuro senza rimpianti o rimorsi, ma con amore, incondizionatamente e nonostante tutti i difetti, anche quelli più imperdonabili.
M.
Questa lettera che ci è giunta in redazione non ha bisogno di commenti. E’ un grido disperato di una donna a cui la crisi ha tolto, in un momento d’angoscia anche la voglia di vivere, ma che ancora una volta, nonostante tutta la sofferenza, ha ricominciato a sperare nel futuro. Con la sua lettera a Passion Time ha voluto condividere le sue tristezze, i suoi pensieri più intimi, quasi ad esorcizzare le paure, i “cattivi pensieri” che la vita induce a fare.
Noi non vogliamo né commentare né giudicare, lasciamo a voi lettori un momento per riflettere e magari per trovare il modo per esserle vicini. Possiamo solo dirti, – cara M. – che tu possa ripartire con un nuovo slancio, perché possa ricominciare a vivere, per te stessa innanzitutto, e per chi ti sta accanto e ti vuole bene.