I filosofi fanno così

Coffee Break, i Racconti di NapoliTime

coffee-breakSi legò la cravatta con agitazione. Una gocciolina di sudore gli percorse una parte del viso. Si fermò un secondo a guardare il nodo della cravatta storto e non curato. Sospirò. Sapeva già cosa lo avrebbe atteso quella giornata. Stava cercando di non pensarci, si era ripetuto una decina di volte per un mese intero che doveva stare tranquillo, che avrebbe dovuto rimanere calmo e non perdere le staffe, che tutto sarebbe andato bene.

“Tutto andrà bene”, disse, guardandosi allo specchio, ma non vi mise abbastanza convinzione nelle parole e si lasciò andare allo sconforto.
Paolo era un filosofo, o almeno avrebbe tanto voluto esserlo. Fin da adolescente era sempre stato affascinato delle correnti filosofiche diverse e dai pensatori maggiori. Amava quel loro parlare in modo così giusto e rispettoso, così morale ed etico! Così, si era laureto in lettere e filosofia all’Università della propria città a pieni voti, ottenendo stima e riconoscimenti da tutti.
Tuttavia, qualche giorno dopo la laurea, si era scontrato con un suo amico, che aveva seguito il corso con lui, il quale gli aveva detto che la filosofia gli aveva insegnato a ragionare in modo critico e che era stato capace, attraverso la logica, di confutare anche qualche affermazione di Kant e perfino di Hegel. Paolo era rimasto senza parole. Lui non aveva un proprio pensiero filosofico sulla morale e l’etica, ma ne condivideva uno o l’altro.
Agitato, a disagio, aveva balbettato qualcosa su quanto Kant fosse stato difficile o quasi impossibile da confutare. L’amico aveva fatto una grossa risata e se n’era andato, invitandolo tra un mese ad una riunione tra neo-amanti della saggezza. Paolo per tutto quel mese aveva cercato di trovare qualcosa di originale o comunque di costruirsi un proprio ragionamento logico, ma senza ottimi risultati.

Guardò l’orologio. Era finita. Tra mezz’ora avrebbe pranzato con quei signori e per lui sarebbe stata la fine della sua eccellente reputazione. Si mise la giacca e si avviò.
Arrivò al luogo d’incontro, un ristorante abbastanza elegante vicino ad una pianura, con un leggero ritardo. L’amico lo presentò a tutti i presenti. Erano circa una decina di persone. Paolo sentì mancarsi l’aria: più persone erano presenti e più grossa sarebbe stata la sua figuraccia.
Si sedettero e ordinarono da mangiare.
Uno di loro attaccò subito, esprimendo una morale libera da ogni filo conduttore e il dibattito si accese. C’era chi nominava Freud, chi Kant, chi Hobbes e Locke, insomma, ci fu una guerra di parole che volarono come saette da un orecchio all’altro, scatenando il funzionamento del cervello per distruggere la teoria di uno e di un altro.
Notando l’amico di Paolo che questi stava in silenzio ad ascoltare, mentre mangiava il suo pranzo, gli chiese cosa ne pensasse di quello di cui stavano parlando. Paolo rimase un attimo in silenzio, poi, continuando a masticare, farfugliò parole a caso che vennero registrate in modo ordinato dai presenti. Questi stavano ad ascoltare e il povero laureato, approfittando della bocca piena di cibo, che cercava di riempire sempre di più, continuava a parlare in modo confuso per se stesso, nominando talvolta frasi di Talete, Aristotele, S. Agostino e molti altri.

Alla fine del discorso senza senso, i presenti rimasero a guardarlo ad occhi aperti, in silenzio. L’amico esclamò: “Ma è stupefacente!”, un altro: “Mi hai aperto un mondo!” Ed altri ancora: “Ma come avevo fatto a non pensarci prima?”. Strinsero tutti quanti la mano all’uomo che aveva parlato poco prima, da solo, il quale, in verità, non aveva fatto nient’altro se non mettere insieme belle citazione senza un filo logico ben preciso. Tuttavia lo considerarono una persona dall’alta moralità e di grande spessore.
Paolo, soddisfatto, tornò a casa nel pomeriggio, contento. Da quel giorno fu considerato una persona di alto prestigio intellettuale e nessuno osò più contraddirlo nelle sue affermazioni.

Uno dei ragazzi, alla fine del pranzo, si avvicinò all’amico di Paolo. “Senti… mi puoi rispiegare quello che ha detto? Credo di non aver afferrato il concetto di fondo…”.
“Ma come!?”, fece l’altro. “Era un discorso di grande spessore filosofico!”.
A disagio, disse: “Ma ritengo di non averlo compreso affatto”.
“Ragionaci su. Capirai con il tempo”. Ma dentro di sé l’amico di Paolo pensò: “Non ho capito una mazza neanche io, ma se ne andava della mia reputazione, se avessi detto il contrario!”.

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