Pubblico impiego, manifestazione a Roma il 28 novembre; sindacati: “Pronti a sciopero generale”

Fonti sindacali, al termine della riunione delle segreterie unitarie delle categorie, riferiscono che le categorie del pubblico impiego e della scuola di Cgil, Cisl e Uil hanno deciso una manifestazione nazionale per sabato 28 novembre, a Roma, a sostegno della vertenza per il rinnovo dei contratti pubblici. Alla manifestazione parteciperà anche la scuola

manifestazioneRoma, 28 ottobre –  Le categorie del pubblico impiego e della scuola di Cgil, Cisl e Uil hanno deciso una manifestazione nazionale per sabato 28 novembre, a Roma, a sostegno della vertenza per il rinnovo dei contratti pubblici; è quanto riferiscono Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, segretari generali rispettivamente di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa, che lanciano la campagna per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego: “Chiediamo contratti per rimettere in moto servizi alle famiglie e alle imprese, accrescendo la partecipazione, e rispettando il senso di quel richiamo della Corte Costituzionale che con questa legge di stabilità si vorrebbe di fatto ignorare: è con i contratti che si rilancia il cambiamento. E se per far arrivare il messaggio servirà andare allo sciopero generale, noi siamo pronti”.

Le stesse fonti precisano che il 28 novembre ci sarà un corteo per le strade della capitale, che giungerà al termine di una mobilitazione territoriale. I sicandalisti affermano che se non ci dovessero essere risposte da parte del Governo, che in legge di Stabilità ha stanziato risorse insufficienti per il rinnovo dei contratti bloccati da sei anni, lo sciopero continuerà ad oltranza.

Sull’onda dell’hashtag #contrattosubito, la richiesta è “un rinnovo dignitoso”, scrivono i tre sindacalisti in una nota: “Un contratto vero  per i lavoratori e per cambiare i servizi ai cittadini. Il governo la smetta con le provocazioni e apra il tavolo. Fare un nuovo contratto vuol dire investire nelle professionalità, nell’innovazione organizzativa, nella qualità dei servizi. Per i lavoratori pubblici chiediamo un rinnovo dignitoso, che dopo sei anni di paralisi totale, per noi significa 150 euro di aumento medio con produttività e riconoscimento professionale, altro che l’equivalente di una mancia come vorrebbe il governo”.  Il riferimento è ai 219 milioni di euro per il pubblico impiego stanziati nella legge di stabilità e che sarebbero destinati agli statali in senso stretto: un valore che “equivale a 5 euro al mese per lavoratore”, aveva subito attaccato il leader della Cgil, Susanna Camusso.

Il timing è serrato: subito assemblee nei luoghi di lavoro, poi la manifestazione, e infine, se il Governo non darà segnali di distensione durante l’esame della manovra in Parlamento, lo sciopero generale. Ai sindacati non è piaciuto il risultato del primo incontro con l’esecutivo, come fa notare il leader della Uil, Carmelo Barbagallo riguardo la manovra, che stanzia 300 milioni di euro totali fino al 2018, che è vista come un contentino che era meglio evitare: “Sei anni di sottrazione di risorse spacciata per razionalizzazione della spesa e di mancati investimenti nella qualità del lavoro pubblico sono più che abbastanza. I servizi pubblici continuano a deteriorarsi quando invece dovrebbero dare una spinta decisiva alla ripresa economica e offrire risposte valide contro la marea montante del malcontento sociale. E il governo che fa? Ancora una volta scarica costi e responsabilità sui lavoratori pubblici, mettendo sul piatto una proposta di contratto che non merita questo nome. Evidentemente considera la contrattazione come un’attività residuale nella quale non vale la pena investire e che è meglio confinare su un terreno sempre più ristretto per gestire sempre più materie a colpi di leggi e decreti”.

Ma quella della contrattazione pubblica non è la sola querelle nei confronti dell’esecutivo: Cgil, Cisl e Uil vogliono dare battaglia anche sulla vicenda delle pensioni: alla contestazione per la mancata introduzione della flessibilità di accesso alla pensione, si aggiunge un altro fronte: la proroga, per il 2017-2018, del taglio delle indicizzazioni agli assegni superiori a quattro volte il minimo. La misura, che servirà a finanziare l’opzione donna, il part-time volontario e l’estensione della no tax area, non è piaciuta affatto ai sindacati che si aspettavano, al contrario, un intervento organico e in linea con la sentenza della Corte Costituzionale che aveva stroncato il blocco della rivalutazione delle pensioni del governo Monti.

La protesta, intanto, monta anche nei ministeri a partire proprio dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti la lettera unitaria arriva nel giorno in cui circa 2.000 dipendenti sono usciti dagli uffici e hanno protestato nei cortili e nei corridoi nella sede del ministero di via XX Settembre, secondo quanto riferito da Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa. Le Rsu hanno dichiarato “l’assemblea permanente” fino a venerdì e chiedono un incontro al ministro Pier Carlo Padoan.

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