Sotto inchiesta il primo cittadino Orefice (Udc) e lo sfidante Silvestri (Pd). Chiusa l’inchiesta della Dda con 15 avvisi di garanzia. Tra gli indagati anche altri candidati al consiglio comunale, il comandante e un maresciallo della polizia municipale
Napoli, 1 marzo – A Casavatore, paese di 18.000 abitanti a Nord di Napoli, durante le ultime elezioni comunali la camorra avrebbe appoggiato in maniera bipartisan i candidati sindaco in campo. È questa la ricostruzione della Dda di Napoli, che ha iscritto nel registro degli indagati 15 persone, tra cui l’attuale primo cittadino Lorenza Orefice dell’Udc e Salvatore Silvestri, in quota Pd. Al sindaco in carica viene contestata la minaccia agli elettori con l’aggravante del metodo camorristico. A Silvestri viene invece contestato il voto di scambio con l’aggravante camorristica. Secondo i magistrati Maurizio De Marco e Vincenza Marra, che hanno ricostruito il ruolo del clan Ferone, legato al cartello degli scissionisti di Scampia, nelle elezioni della primavera 2015 gli uomini del clan avrebbero diviso a metà il loro pacchetto di voti, sostenendo sia Silvestri che Orefice.
Secondo l’ipotesi accusatoria, in occasione della prima tornata elettorale, Silvestri e i candidati consiglieri Salvatore Pollice, Mauro Ramaglia e Barbara Cozzolino, promettevano “buoni pasto, generi alimentari e posti di lavoro”. Il candidato Pd, che nella galassia dem è ritenuto vicino ai “Giovani Turchi” di Matteo Orfini, si sarebbe avvalso del supporto elettorale di Massimo Minichini, sottoposto a sorveglianza speciale in quanto appartenente al clan. Quest’ultimo, in particolare, “stazionava stabilmente davanti alla sede del comitato elettorale”.
La Orefice non sarebbe stata a guardare. Minichini infatti, secondo la Procura, fu pubblicamente picchiato da altri tre personaggi affiliati al clan: Paolo Spinuso, Salvatore Ferone e Giuseppe Pellegrino. Il pestaggio di Minichini e le minacce che furono rivolte ad alcuni elettori del Parco Acacie a Casavatore Vecchia, probabilmente finì per ribaltare il risultato elettorale. Il dem Silvestri era in testa al primo turno (41,55% contro il 35,30%) ma al ballottaggio l’Udc Orefice fu eletta con il 56,16%. Spinuso, Ferone e Pellegrino, scrivono i pm, tesero un agguato a Minichini “picchiandolo sulla pubblica via quale dimostrazione di forza della cordata facente capo alla Orefice, in favore della quale svolgevano propaganda elettorale porta a porta”.
Tra gli indagati figurano anche due esponenti della polizia municipale, il comandante Antonio Piricelli e il maresciallo Vincenzo Orefice. I due esponenti, nel far svolgere le normali attività di disinfestazione e derattizzazione del territorio, riferivano ai cittadini delle zone interessate che i suddetti interventi venivano effettuati grazie all’interessamento di Ramaglia, Silvestri e Pollice. Non solo, i vigili fecero modificare anche l’orientamento delle telecamere di videosorveglianza per venire incontro alle esigenze di un candidato collegato all’esponente Pd: dovevano vigilare i suoi manifesti elettorali, affinché non venissero strappati. Piricelli inoltre sarebbe stato informato di alcune notizie di reato: le minacce subite da una elettrice per non farle votare la Orefice, una segnalazione della candidata sindaco Udc su un presunto scambio “soldi-voti” durante il primo turno elettorale. Ma non fece rapporto all’autorità giudiziaria ed è indagato oltre che per voto di scambio aggravato dall’abuso di potere, anche per omessa denuncia.