L’Università di Palermo in collaborazione con l’Istituto di Ortofonologia di Roma per uno studio sugli aspetti psicologici-relazionali ed affettivi
Roma – Il dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche e della formazione dell’Università degli Studi di Palermo ha raccolto insieme all’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma una sfida: condurre una prima ricerca in ambito italiano ed europeo su un progetto di attività di mediazione con l’asino rivolto a 60 bambini autistici dai 2 ai 5 anni. “Riteniamo che per le caratteristiche dell’asino e grazie ad esperienze passate, sia utile portare avanti un’attività di mediazione con l’asino per 8 mesi in maniera sistematica, perché questo lavoro, per un’ora una volta la settimana, può influire nelle aree legate alla sensorialità, all’emotività e al contenimento, e nelle aree relative alla relazione e alla comunicazione. Partiremo dalla costruzione di uno strumento osservativo specifico per spiegare cosa accade nella relazione tra bambini autistici e asini, e per definire una griglia di riferimento dal momento che ad oggi non c’è nulla. È veramente una ricerca pionieristica”. A dirlo è Elena Mignosi, docente di Teorie, strategie e sistemi dell’educazione presso l’Università degli Studi di Palermo.
La ricerca congiunta partirà il primo novembre e terminerà a fine giugno. “È previsto un gruppo di controllo per dimostrare gli effetti specifici delle attività di mediazione con l’asino. L’obiettivo ultimo – afferma la docente dell’Università di Palermo – è promuovere una cultura nuova verso gli animali, verso il mondo naturale, verso gli aspetti non verbali e il contatto relazionale”. Non si parla quindi solo di Onoterapia, ma di attività di mediazione con l’asino. “L’asino diventa un mediatore nella relazione tra i pazienti (o le persone), l’operatore e l’asino. Si crea un rapporto triangolare e circolare in cui è presente un operatore, un destinatario e l’asino come mediatore. Non si parla solo di terapia in senso clinico perché è un’attività di promozione del benessere della salute rivolta a tutte le persone, di ogni età e anche in assenza di particolari problemi”.
L’approccio adottato dall’Università degli Studi di Palermo e dall’Istituto di Ortofonologia è di tipo psicodinamico: “Un approccio complesso in cui si sposta l’accento sulle relazioni tra tutti i soggetti coinvolti, sulla trasformazione di queste relazioni e sul livello profondo di coinvolgimento, che non avviene solo sul piano comportamentale – spiega Mignosi -. È una trasformazione anche a livello psicologico, psicoemotivo e relazionale. C’è un’attenzione ai processi di tutte le persone coinvolte, compresi gli asini”.
L’asino diventa un partner, non uno strumento. “In questo caso ci rifacciamo alla prospettiva Zooantropologica – afferma la docente di Teorie, strategie e sistemi dell’educazione presso l’Università degli Studi di Palermo -, dove l’asino è visto come un partner attivo nella relazione. Quello che noi osserviamo è anche la reazione dell’animale e, in termini psicodinamici, il legame di attaccamento dell’asino, la qualità dello scambio tra l’asino, l’operatore e il soggetto con cui si lavora. È un approccio più complesso, ma il tipo di intervento è su un piano profondo”. La terapia con il cavallo “è molto importante, ha una lunghissima tradizione ma è più centrata sugli aspetti riabilitativi, mentre quello che l’asino permette di fare è un lavoro sugli aspetti psicologici-relazionali e affettivi, perché l’asino è un animale sociale che ama il contatto fisico- ricorda la studiosa -, ha una sensibilità e una curiosità verso gli altri esseri viventi e non solo verso il mondo che lo circonda. L’asino si sintonizza sulla persona che ha davanti e ricerca il contatto proprio come fanno i cani. Si tratta di un contatto corporeo e ciò aiuta moltissimo la relazione. L’asino è un animale grande, accogliente, permette alle persone di abbandonarsi nella relazione su di lui, a livello fisico. È un animale paziente e calmo, non è nevrile come il cavallo. Nelle situazioni di paura piuttosto che scalciare, scappare o mordere si congela. Di fronte ad una aggressione non reagisce aggredendo – conclude – si blocca e permette alla persona che lo aggredisce di cessare la sua azione, poiché di fronte a sé non ha una reazione”.
Ricevo ogni giorno una mail, utilizzando noti motori di ricerca, con informazioni di ogni tipo sull’autismo.
Ora, fatta salva qualche rara eccezione per la quale continuo a ricevere queste mail, la quantità di ricerche tentativi e progetti sull’autismo è inimmaginabile. Però poi leggendo in dettaglio si capisce che, poiché questo è il business del momento, allora si riescono a reperire fondi in qualsiasi ambito (ricerca universitaria, riabilitazione, fondi sociali ecc) che per lo più sono fondi sperperati (sempre secondo me ma anche secondo ragionamenti che si affidano alla logica ed all’efficacia).
E così si può leggere da qualche parte la ” falco-terapia” (si avete letto bene falco = uccello rapace) o l’Asino come mediatore per la comunicazione senza parlare della delfino terapia o della pet terapy con qualsiasi tipo di animale terrestre o acquatico.
Senza nulla togliere a qualche raro esempio di effettiva utilità dell’animale quale il cane utilizzato in molti ambiti non ultimo quello ad esempio per riconoscere in modo predittivo l’insorgenza del tumore alla prostata, oppure nel riconoscere l’imminenza di una crisi epilettica, ritengo poco plausibile e logico utilizzare ad esempio l’asino come mediatore per la comunicazione. Immaginatevi un ragazzino autistico che si attacchi talmente tanto all’asinello da volerlo portare ovunque per usarlo come mediatore…sicuramente le difficoltà più grandi saranno quelle di cercare di portarselo in treno o in aereo…. in quel caso come riusciremo a far desistere il ragazzino da questa richiesta? La ricerca dovrebbe concentrarsi su qualcosa di semplice efficace concreto e sopratutto non troppo ingombrante.