Referendum Jobs Act, “inammissibile” il quesito sul ripristino dell’articolo 18. Camusso (Cgil): “Valutiamo il ricorso alla Corte europea”

Via libera alla consultazione popolare sulla cancellazione dei voucher e sull’abrogazione delle leggi che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore

 

Roma, 11 gennaio – La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito del referendum proposto dalla Cgil sul Jobs Act, che chiedeva il ripristino dell’articolo 18. Norma dello Statuto dei lavoratori che prevedeva il reintegro in caso di licenziamento illegittimo, previsione cancellata dal governo Renzi, sostituendo l’obbligo per l’azienda di reintegrare il lavoratore licenziato illegittimamente con il pagamento di un indennizzo. Via libera della Corte invece alla consultazione popolare sulla cancellazione dei voucher e sull’abrogazione delle leggi che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante.

Proprio sui voucher però il Governo potrebbe presto intervenire. Se lo farà con una nuova norma, il referendum non si terrà. Ma prima l’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione dovrà verificare l’aderenza dell’eventuale nuova norma all’istanza referendaria. Quando alla responsabilità solidale negli appalti, il Partito Democratico ora vorrebbe reintrodurla e a tale scopo ha presentato alla Camera una proposta di legge.

“Continueremo la nostra iniziativa contrattuale e valuteremo di ricorrere alla Corte europea perché siamo convinti di aver rispettato le regole”, è il commento del segretario generale della Cgil Susanna Camusso, per la quale il giudizio della Corte di oggi non ferma la battaglia “sull’insieme della questione dei diritti”.

“Non ricordo – ha aggiunto – precedenti di analoga quotidiana pressione rispetto a come si sarebbe dovuto decidere, così come vorremmo dire che è stato dato per scontato che era dovuto l’intervento del governo tramite l’Avvocatura dello Stato: non era dovuto, è stata una scelta politica e da questa scelta e dalle memorie presentate noi partiremo nel valutare il senso ed il segno delle intenzioni del governo”. La Camusso ha sottolineato che “inizia una campagna elettorale impegnativa” sui due questi ammessi e che “da oggi chiederemo al Governo tutti i giorni di fissare la data in cui si vota”.

“Dalla Consulta – ha attaccato Matteo Salvini della Lega Nord – sentenza politica, gradita ai poteri forti e al governo come quando bocciò il referendum sulla legge Fornero. Temendo una simile scelta anche sulla legge elettorale il prossimo 24 gennaio, preannunciamo un presidio a oltranza per il voto e la democrazia sotto la sede della Consulta a partire da domenica 22 gennaio”.

Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia parla di buona e cattiva notizia. “La buona notizia è che non rischiamo la reintroduzione dell’art.18, che era l’obiettivo principale della Cgil. La cattiva notizia è che la sentenza serve soprattutto a impedire che si possa tornare al voto immediatamente. È una ragione in più per scendere in piazza il prossimo 28 gennaio a Roma: perché, alla fine, la cosa più inammissibile di tutte è l’aver votato il 4 dicembre contro il Governo Renzi ed essersi ritrovati il governo dei prestanome di Renzi”.

“Questa primavera – ha commentato il pentastellato Luigi Di Maio – saremo chiamati a votare per il referendum che elimina la schiavitù dei voucher. La Corte Costituzionale ha appena dato l’ok. Sarà la spallata definitiva al Pd, a quel partito che ha massacrato i lavoratori più di qualunque altro e mentre lo faceva osava anche definirsi di sinistra!”.

L’ala renziana del Partito Democratico si mostra soddisfatta per la decisione della Corte di dichiarare inammissibile il quesito sull’articolo 18. Dopo la decisione della Consulta sull’inammissibilità del referendum sull’articolo 18 continuiamo a concentrarci su come migliorare ancora il futuro dei lavoratori”, ha scritto su Twitter Filippo Taddei, responsabile Economia del Pd.

Diversa la reazione della cosiddetta minoranza Dem. Per Pier Luigi Bersani sui voucher “adesso la palla passa a governo e Parlamento che devono intervenire”. E alla domanda se serva un intervento solo su voucher o anche sull’articolo 18, Bersani ha affermato: “Se non 18 almeno un 17 e mezzo ci vuole…”. “Noi chiediamo da tempo un intervento subito sui voucher. A leggi vigenti io voto sì a tutti e due”, ha commentato Roberto Speranza.

In tutto questo Matteo Renzi continua a rimanere nell’ombra, lui che aveva fortemente voluto il Jobs Act, che dati alla mano non ha avuto gli effetti sperati in termini di crescita e occupazione. Secondo molti la decisione della Consulta è stata guidata da considerazioni di opportunità politica, perché sull’abolizione dell’articolo 18 avrebbero probabilmente prevalso i “sì” e il governo in carica, pronto a ricorrere a elezioni anticipate pur di non far tenere il referendum, avrebbe rischiato un’altra sconfitta come accaduto lo scorso 4 dicembre per il referendum sulla riforma costituzionale scritta dall’ex ministra Maria Elena Boschi. Ora invece, i due soli quesiti che hanno avuto il via libera dalla Corte, quello sui voucher e sulla responsabilità in solido delle aziende appaltanti, sono a rischio quorum non essendoci più l’elemento trainante costituito dal ripristino dell’articolo 18.

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