L’associazione “Pizzaiuoli napoletani” lancia l’allarme: “i pizzaioli non sono tutelati”

“L’arte della pizza è patrimonio Unesco ma i pizzaioli non sono tutelati, aiutateci”. L’associazione chiede un consorzio per la pizza, più formazione, il corso alberghiero di pizzaiolo e maggiore sicurezza sul lavoro

Napoli, 26 febbraio – “I pizzaioli non sono tutelati. Lavorano dalle 8 alle 14 ore al giorno, talvolta a nero e i rischi per la salute sono altissimi. Alcune impastatrici e tritacarne, ormai indispensabili, provocano seri danni ai lavoratori e tanti pizzaioli spesso riportano ferite alle mani e alle braccia, alcuni hanno perso addirittura le falangi. I turni sono massacranti e in tema di sicurezza sul lavoro manca una formazione specifica. La categoria è seriamente a rischio, ci sentiamo abbandonati”. A lanciare il grido d’allarme è Sergio Miccù, presidente dell’associazione “Pizzaiuoli napoletani”, che rappresenta 850 pizzaioli in Italia e oltre 350 nel mondo (in Giappone, America, Barbados, Corea del Sud, Cina, Africa, Francia, Canada). A Napoli l’associazione rappresenta i pizzaioli e le pizzerie più importanti della città, come Sorbillo, Antonio Starita, Michele, Trianon, Brandi, Vesi, Rossopomodoro, solo per citarne qualcuno.

Miccù durante il convegno organizzato da Flepar Inail che si è tenuto a Napoli sabato scorso, al Palazzo Reale, ha denunciato la rischiosa condizione in cui vivono quotidianamente i pizzaioli napoletani. “In Italia – prosegue il presidente dell’associazione “Pizzaiuoli napoletani –  non si è fatto assolutamente nulla in tema di sicurezza per gli artigiani della pizza. Ritengo che la nostra categoria è seriamente a rischio. Il nostro è un lavoro che nasconde pericolose insidie. Sia il pizzaiolo sia il datore di lavoratore andrebbero informati e formati. Bisogna studiare delle strategie ad hoc per la nostra sicurezza. Gli infortuni sono frequenti tra i pizzaioli, perché adoperiamo strumenti pericolosi, come i coltelli, affetta mozzarella e le impastatrici. Mentre molti anni fa la preparazione della pizza avveniva in maniera del tutto manuale, oggi è diventato indispensabile l’utilizzo dei macchinari e questo ha messo a repentaglio la nostra salute. Non è un caso che gli incidenti sul lavoro tra i pizzaioli sono molto più frequenti che in passato”. L’associazione “Pizzaiuoli napoletani”, nata nel 1988, ha presentato in tutti questi anni numerose proposte e spunti di riflessione, purtroppo rimaste inascoltate. “I giovani –dice il presidente Miccù- si allontanano da questo mondo, per il carico e le ore di lavoro e anche perché non esiste una formazione specifica. Non abbiamo delle scuole per formare i nostri pizzaioli, anche per informarli in tema di prevenzione e di sicurezza”.

Fra i rischi più importanti per i pizzaioli, secondo quanto segnalato da Miccù, oltre alle ferite e le amputazioni degli arti, anche le problematiche relative alla postura, conseguenza delle numerose ore trascorse in piedi. E poi, nel tempo, anche problemi di artrite alle mani, a causa del contatto con l’acqua e l’umidità dell’impasto della pizza che quotidianamente maneggiano. Per questo, a parere dell’associazione, sarebbe necessario sottoporre i pizzaioli a delle visite mediche periodiche.

Altro grande problema è la mancanza di un contratto nazionale di lavoro: “non esiste contrattazione collettiva per i pizzaioli” denuncia Miccù, “e questo favorisce il lavoro nero, lo sfruttamento.  Altro paradosso è rappresentato dal fatto che i pizzaioli sono iscritti alla camera di commercio e non a quella degli artigiani. L’Unesco premia l’arte del pizzaiolo e invece non quella del lavoratore, che in Italia non è affatto riconosciuto. La pizza napoletana infatti è un marchio europeo registrato ma manca  un consorzio della pizza”.

Il segretario di Flepar Inail, Tiziana Cignarelli, fa notare che “nonostante la pizza è apprezzata per la sua esclusiva bontà in tutto il mondo, manca la giusta formazione per gli addetti ai lavori e in pochi conoscono le condizione di scarsa sicurezza del lavoro dei pizzaioli a Napoli e in Italia”.

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