Fondo Monetario Internazionale stima una crescita dello 0.3% per l’Italia, fanalino di coda in Europa: il 67% della popolazione italiana risparmia sugli alimenti
26 luglio – La profonda e drammatica crisi economica del nostro Paese, che oramai va avanti dal 2007 in poi, non lascia scampo e gli ultimi dati sono tutt’altro che confortanti. Le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale annullano del tutto la timida speranza di ripresa nel 2014: nell’aggiornamento del World Economic Outlook, infatti, l’organizzazione taglia allo 0,3% la previsione di crescita per il nostro paese, con una riduzione di 0,3 punti rispetto alla previsione dello scorso aprile. Si tratta del valore più basso fra le economie avanzate.
Resta invariata, invece, all’1,1% la stima per il 2015. Per il quarto trimestre il Fondo prevede inoltre una crescita dello 0,8%. Per l’economia globale – aggiunge l’FMI – “restano rilevanti rischi al ribasso”. I pericoli maggiori sono legati all’andamento dei prezzi petroliferi, a causa delle crisi in Ucraina e in Medioriente. Sul fronte finanziario, i timori sono legati a un rialzo dei tassi Usa più rapido del previsto.
Il Fondo Monetario Internazionale conferma all’1,1% la stima di crescita del Pil 2014 dell’Eurozona e migliora di 0,1 punti (all’1,5%) quella per il prossimo anno. Tuttavia i tecnici dell’Fmi ammoniscono su una ripresa che “resta diseguale nell’area, per via della persistente frammentazione finanziaria” ma anche dei problemi nei bilanci pubblici e privati di alcuni paesi.
Tutti ciò ha condotto ad un inevitabile impoverimento e ad una drastica diminuzione del potere di acquisto per la popolazione italiana. Dal drammatico quadro della Coldiretti emerge che ben 2 persone su 3, il 67% della popolazione, hanno scelto di risparmiare sugli alimenti, diminuendo quantità e, cosa ancor più preoccupante, qualità di ciò che si mangia. Inoltre, 8 famiglie su 10 dichiarano di consumare cibo scaduto e di aver quasi annullato il consumo di frutta e verdura, cosa pericolosissima per la salute dei consumatori che potrebbero essere esposti a vari rischi. Dall’analisi di Coldiretti emerge che il consumo al dettaglio è diminuito dell’ 1,2% , ma perdono anche gli Ipermercati (1,1%) e i supermercati (0,9%).
Tengono invece i Discount, i quali vanno in controtendenza registrando un +48% rispetto all’inizio della crisi.
A pagare maggiormente gli effetti di questa difficoltà economica è ancora una volta il Sud del nostro Paese. Confindustria rilancia l’appello per la difficile situazione del Mezzogiorno con una “fotografia” durissima dei danni dal 2007 ad oggi: 47,7 miliardi di Pil bruciati, quasi 32mila imprese in meno, oltre 600mila posti di lavoro persi, 114mila persone in cassa integrazione, quasi due giovani su tre disoccupati. Nel 2013 è stato toccato “il punto più basso” di una lunga crisi, ed “i primi mesi del 2014 confermano purtroppo questa tendenza negativa”.
Anche se non mancano “timidi segnali di vitalità” che sono ora da sostenere, da “amplificare”, serve – è il pressing degli industriali – “un robusto intervento” su due linee: riforme istituzionali e strutturali (dal fisco a energia, semplificazione, tempi di pagamento della P.a.) ed “una politica economica chiaramente orientata allo sviluppo”.
Pesa molto il calo negli investimenti pubblici (5 miliardi in meno tra 2009 e 2013, con un arretramento ai valori del 1996), proprio in territorio in cui andrebbero maggiorati e incentivati. Ora non è più il momento di fare passi falsi – avvertono i dati del “Check Up Mezzogiorno” elaborato da Confindustria e SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Intesa Sanpaolo) – bisognerà sfruttare al meglio i fondi destinati dall’Unione Europea, che potrebbero portare ad usufruire di 14 miliardi di Euro per i prossimi 9 anni.
Unica variabile con il segno più, alla quale bisogna appellarsi per una speranza di ripresa è l’export (+2,4%) nel 2013 rispetto a inizio crisi, 2007. Ma è un recupero che tra lo scorso anno ed i primi mesi del 2014 “sembra essersi fermato, o meglio differenziato”: meno idrocarburi, l’acciaio “oscilla”, si rafforzano aeronautico/automotive, meccanica, gomma e plastica, agroalimentare, poli produttivi e distretti. Nel confronto tra il 2013 e l’anno prima, invece, compare il segno più anche per il numero di società di capitali (+3,2%).
A pagare il prezzo della crisi è il sud! Certo! Attenzione però che il sud in funzione del quale si analizza il quadro economico ben presentato non è solo in senso geografico ma è tale oltre il Tevere per intenderci. Le famiglie che non possono fare la spesa alimentare sono in aumento a livello nazionale. Purtroppo è una situazione nazionale.