La volontà del Primo ministro di porre la fiducia su un simile provvedimento si scontra con il regolamento del Senato
Non ci sono solo la minoranza interna al Pd, le opposizioni parlamentari e le associazioni di categoria a mettersi di traverso al Primo ministro Matteo Renzi. In queste ore, fa sapere il presidente del Senato Pietro Grasso, che sul ddl di riforma della scuola, almeno al Senato, non può essere posta la questione di fiducia come invece auspicato dallo stesso Renzi.
“Noi stiamo al regolamento – segnalano dalla presidenza del Senato – e il regolamento impone che i testi collegati alla manovra di bilancio come la scuola, che prevede voci di spesa e non a caso è stata sottoposta a parere della commissione Bilancio, debbano essere presentati in commissione”.
Per ora, c’è solo un avvertimento arrivato dagli uffici della presidenza. Un avvertimento che però potrebbe far desistere il premier a cui vengono sicuramente intralciati i piani. In effetti, qualche malumore sembra trapelare da Palazzo Chigi, dove non è piaciuto quel richiamo di Grasso contenuto in una nota diffusa ieri dal senatore di minoranza Miguel Gotor: “Spero che il governo e la maggioranza del Pd abbiano la sensibilità politica di ascoltare le parole del presidente del Senato Pietro Grasso – afferma Gotor – il quale ha auspicato che su un provvedimento significativo come quello sulla scuola non sia mesa la fiducia, ma il Parlamento sia lasciato libero di esprimersi e di migliorare la legge”.
La fiducia è un atto che spetta al governo e Renzi potrebbe voler ancora intraprendere questa strada. Per questo a Palazzo Madana i renziani starebbero studiando il regolamento e cercando una via indolore per tutti. Per ora Renzi continua a scaricare la responsabilità delle possibili mancate assunzioni sulle opposizioni, affermando: “Se passa la riforma, ci saranno 100mila assunzioni, se non passa o se non passa in tempo per le assunzioni, ci saranno solo quelle del turn over, che sono circa 20-22mila persone”. Un atteggiamento e frasi che vengono considerate da tutte le forze politiche di opposizione come una vera e propria “minaccia”.