Dopo il 31 dicembre 2020 le concessioni alle spiagge dovrebbero andare all’asta, con il disaccordo delle imprese balneari
30 luglio – Per gli imprenditori balneari si delinea un futuro incerto. Nel 2020 le concessioni alle spiagge potrebbero andare all’asta, allarmando 30 mila imprese balneari italiane, con 100 mila addetti. Ciò che maggiormente preoccupa gli imprenditori è il rischio di trasformare le spiagge in veri e propri resort, a discapito delle piccole imprese familiari che da anni sono la colonna portante del turismo estivo. Anche perché queste aziende rischierebbero di essere tagliate fuori non essendo previsto alcun diritto, tra cui un ipotetico ‘diritto di prelazione‘, che tra l’altro è stato abolito con la legge 25 del 2010. Le gare, infatti, dovranno essere aperte a tutti con una evidenza pubblica. Quindi, secondo gli imprenditori, c’è il rischio che le loro aziende siano sostituite da grandi multinazionali che gestirebbero il settore guardando unicamente al profitto, senza salvaguardare l’ambiente.
Piero Ballandi, consigliere nazionale del Sindacato italiano balneari, ammette la forte probabilità di una ‘resortizzazione’ delle spiagge, senza escludere infiltrazioni della criminalità organizzata alle aste. ”Se c’è un interesse dei grandi gruppi del settore è perché noi abbiamo investito molto in questi anni. Basta pensare che dal 2000 al 2008, prima della presa di coscienza della Direttiva Servizi, nella sola Versilia sono stati investiti oltre 400 milioni di euro”, sottolinea Ballandi.
Tra i balneari c’è tanta attesa per la pronuncia della Corte di Giustizia europea sulla validità della proroga al 2020 messa in dubbio da due sentenze dei Tar Lombardia e Sardegna. Tra le richieste dei balneari c’è quella della proroga delle concessioni esistenti per almeno 30 anni a partire dal 31 dicembre 2020 mentre attualmente non esiste una benché minima ipotesi di durata; c’è quella del diritto delle imprese balneari di rivendicare un periodo indeterminato di attività, con l’unico limite della concorrenza, quella vera, che fa il mercato, con esclusione del ricorso alle aste; infine ma forse da mettere al primo posto, c’è quella di una moratoria urgente a favore delle imprese balneari pertinenziali. In alcuni paesi membri dell’Unione Europea le concessioni sono state prolungate di addirittura di 75 anni, come in Spagna e in Portogallo.
”Con l’impegno delle imprese balneari, rileva Bellandi, abbiamo valorizzato le spiagge. Non siamo usurpatori. Quello che vogliamo – spiega ancora -, “è l’esclusione delle aste; una durata delle concessioni congrua per ammortizzare gli investimenti effettuati; la possibilità del venir meno della persistente natura demaniale della fascia destinata ai servizi, il cosiddetto arenile, con un suo possibile conferimento nel patrimonio disponibile e un suo conseguente passaggio mediante contratti privatistici (locazioni e affitti) ai concessionari già proprietari delle infrastrutture”, conclude. Si tratta di riconoscere il merito a tutte quelle piccole imprese balneari che, in tempi i recessione economica, hanno rappresentato l’ancora di salvezza dell’economia italiana.