Anna Scognamiglio, coinvolta nell’inchiesta della Procura di Roma che riguarda anche il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, invia una memoria di dieci pagine all’organo di governo della magistratura, in cui afferma che la sentenza “era scontata” e che qualsiasi tentativo di induzione “sarebbe stato puerile”
La giudice Anna Scognamiglio, coinvolta nell’inchiesta per presunta concussione riguardante la sentenza che ha permesso l’insediamento di Vincenzo De Luca alla presidenza della Regione Campania – giudicando illegittima la sospensione dalla carica per effetto della legge Severino –, ha scritto alla prima Commissione del Consiglio superiore della magistratura, che il prossimo 25 novembre l’ascolterà per decidere in merito al suo trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Nelle dieci pagine della memoria difensiva, la Scognamiglio parla della sentenza, bollandola come “scontata” e del rapporto con un altro degli indagati: il marito e manager ospedaliero Guglielmo Manna.
La Scognamiglio aveva già dichiarato, non appena saputo delle indagini a suo carico, di vivere come “seperata in casa” dal marito. Nella lettera al Csm, spiega: “È assolutamente inipotizzabile che io abbia potuto disattendere i più elementari doveri di magistrato ed abbia potuto compromettere gravemente la mia integrità professionale al solo scopo di favorire la carriera di un uomo che non amo e che ha ferito così profondamente la mia dignità di donna, di moglie e di madre”.
Secondo gli inquirenti della Procura di Roma, su richiesta di Gianfranco Brancaccio – uno dei legali di De Luca – Manna avrebbe inviato tramite mail – con il computer della moglie – il suo curriculum all’avvocato Giuseppe Vetrano, che poi si sarebbe incontrato con il capo segreteria Nello Mastursi per consegnarglielo. A tal riguardo la Scognamiglio, spiega: “Il computer di casa veniva utilizzato anche da mio marito che lo usava a casa per scrivere i suoi provvedimenti e per raccogliere i curriculum e le domande che aveva nel corso degli anni presentato per accedere agli Albi di direttore Amministrativo e di Direttore Generale. Inoltre era usato per inviare e ricevere posta elettronica della quale era nota la password anche a mio marito non trattandosi di posta istituzionale ma personale e usando la sottoscritta la consolle del magistrato solo in Tribunale per le questioni riservate”.
La Scognamiglio afferma di aver discusso col marito questioni di diritto legate al caso De Luca, in quanto esperto della materia amministrativa. Sostiene, inoltre, che la decisione su De Luca “era praticamente scontata”, anche alla luce del caso analogo che era stato già affrontato del sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Precisa poi che “gli esiti della sola fase cautelare del giudizio De Luca sono stati sottoposti al vaglio di 7 giudici diversi (quattro in prima istanza) e altri 3 nel reclamo, e l’appendice dei consiglieri Foglia ed altri, da altri 4 giudici diversi prima di ritornare al Collegio di cui ero componente relatrice”.
Considerando che il trasferimento d’ufficio può avvenire anche per condotte “incolpevoli”, ma che oggettivamente impediscono a un magistrato di continuare ad esercitare le sue funzioni con la necessaria autonomia e indipendenza, il Csm dopo il 25 novembre dovrà decidere se andare avanti nell’istruttoria o trarre subito le conclusioni.