E’ notte fonda per chi crede o spera di stringere la mano, o chissà il tentacolo robotico di un alieno incontrandolo a metà strada tra l’infinita pochezza della Terra e un mondo che vaga nell’immensità dell’Universo
E’ lontana l’alba del giorno sognato dall’uomo qualunque, da astronomi e filosofi del possibilismo, in cui l’infinitesimale essere che popola il nostro pianeta avrà cognizione del perché la vita nell’infinito dello spazio. Per esserne certi basta scegliere una notte stellata e starsene supini sulla sabbia di una spiaggia lontana dalle luci di centri abitati, per navigare con il pensiero nel buio totale, interrotto mille volte dallo scintillare degli astri nella volta del cielo, ma di un suo ridottissimo segmento.
La visione del firmamento in soggetti sentimentali induce a sogni romantici, altrimenti è smarrimento, panico, consapevolezza di transitare nel cosmo in dimensioni da microscopio. Cercando con gli occhi il disegno dell’Orsa Maggiore, chi non si è chiesto se è sostenibile l’idea esclusiva della vita sulla Terra che abitiamo o di quanti miliardi di altri pianeti ruotano nello spazio senza confini dei cieli.
Il mondo esulta per l’impresa firmata dalla Nasa, coordinata dall’Università belga di Liegi, la scoperta di una galassia che per ora comprende sette pianeti confrontabili con il nostro, sei caratterizzati da un clima temperato. Sembra che sia il sistema planetario più grande scoperto finora. Peccato che Trappist-1, così è stato battezzato, sia distante 39 anni luce e che un solo anno luce corrisponde alla cifra da svenimento di 9.500.000.000.000 chilometri.
Riusciranno i nostri eroi, ovvero i centri spaziali come la Nasa, a inventare una iper astronave che viaggi a trecentomila chilometri al secondo? Se questa non è utopia, quale? Per il momento è realistico immaginare un luogo del nostro sistema solare dove con adeguati aggiustamenti, climatici e non solo, si riproducano possibili condizioni di vita per noi umani. Marte?