E’ preoccupante il quadro delineato dal Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno del 2015: i dati sulla crescita del Sud Italia sono i peggiori in Europa, addirittura anche della Grecia. Il “Bel Paese” è letteralmente spaccato in due con il rischio per il meridione di desertificazione industriale e di sottosviluppo permanente. Oltre al calo dell’occupazione, degli investimenti e dei consumi il Mezzogiorno è interessato anche da uno storico crollo delle nascite che nei prossimi anni condurrebbe ad uno stravolgimento demografico
Roma, 30 luglio – L’Italia? un Paese spaccato in due dove il Sud arretra sempre di più ed è sempre più lontano dal Centro-Nord e dall’Europa, risucchiato nel vortice di una crisi senza fine. Il rischio per il Mezzogiorno d’Italia è che resti arenato in un sottosviluppo permanente. Questo è l’allarme lanciato dal Rapporto Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) i cui dati parlano chiaro: anche nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%), confermando un andamento che lo pone all’ultimo posto in Europa, addirittura peggio della Grecia.
La fotografia che emerge dal Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015 è preoccupante: in 13 anni, dal 2000 al 2013, l’Italia è stato il Paese che è cresciuto meno, +20,6% rispetto al +37,3% dell’area Euro a 18. Meglio di noi addirittura anche la Grecia che ha segnato +24%. Decisamente critica la situazione del Sud che nel periodo in questione è cresciuto la metà degli ellenici: +13%, oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%).
“Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente” questo è quanto si legge nel rapporto Svimez descrivendo in tal modo la poco rassicurante situazione economica del Mezzogiorno della nazione destando la preoccupazione anche del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che invita a non abbandonare giovani e meridione.
Parole che trovano un concreto riscontro nel fatto che dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha perso il 34,8% del proprio prodotto, contro un calo nazionale del 16,7% ed ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari, al Sud, solo all’8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord. Dato che si aggiunge alla caduta delle esportazioni che nel Centro-Nord salgono del 3% e al Sud crollano del 4,8%.
Il quadro stilato dal rapporto Svimez mostra come il divario del Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%”, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno.
Questi dati si riflettono sulla condizione di rischio povertà che al Sud coinvolge 1 persona su 3 mentre solo 1 su 10 al Nord. A Livello nazionale le famiglie assolutamente povere sono aumentate del 37,8% nel Mezzogiorno contro il 34,4% dell’Italia centro-settentrionale. Secondo le rilevazioni trimestrali di Confesercenti, a luglio il 16% delle famiglie del Sud ha dichiarato di non riuscire a coprire con il proprio reddito nemmeno le spese indispensabili. La Regione con più alto rischio di povertà è la Sicilia seguita a ruota dalla Campania.
Caduta a picchio per i consumi delle famiglie meridionali arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall’inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del Paese.
Non va meglio sul fronte occupazione: nel 2014 il numero delle persone occupate è sceso ancora arrivando a 5,8 milioni di occupati; il livello più basso dal 1977. Drammatici i dati sull’occupazione femminile: al Sud lavora solo una donna su cinque. Infatti il tasso di occupazione femminile nel meridione è fermo al 20,8% rispetto al 51% dell’Europa a 28. Dati alla mano, il rapporto Svimez sottolinea come siano state donne e giovani a pagare il prezzo più alto della crisi economica degli ultimi anni.
Proprio negli anni della crisi, secondo lo Svimez, il Mezzogiorno tra il 2008 ed il 2014 registra una caduta dell’occupazione del 9%, a fronte del -1,4% del Centro-Nord. Delle 811 mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, nel suddetto periodo, ben 576 mila sono residenti nel Mezzogiorno.
Per quanto riguarda gli investimenti al Sud la situazione è addirittura peggiore: nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l’industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell’agricoltura. Non si salva nemmeno la spesa pubblica che fa registrare anch’essa un notevole crollo. Infatti, a livello nazionale, dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. E’ soprattutto al Sud che, tra il 2001 e il 2013, si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro, dei trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private.
Oltre al tessuto economico preoccupa anche la situazione demografica. Al Sud non si fanno più figli con uno spaventoso calo delle nascite: nel 2014, nell’Italia meridionale, si sono registrate solo 174 mila nascite; livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa durante l’Unità d’Italia. A riguardo, secondo le previsioni contenute nel Rapporto Svimez il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili.
Dati, quelli del Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015, che non possono passare inosservati e che, in un certo senso ridimensionano il desiderio e forse ancor di più la speranza di una futura crescita del Paese a fronte degli innumerevoli proclami di chi annuncia la ripresa dell’economia italiana smentita da quanto emerge dalla fotografia scattata dallo Svimez. Di fronte ad una tale situazione, a dir poco catastrofica per il Sud, una delle poche certezze è la necessità di adottare politiche socio-economiche che consentano al meridione di invertire questo senso di marcia negativo e affiancarsi prima di tutto al Centro-Nord e poi all’Europa. Interventi mirati, concreti ed efficaci e non “promesse da campagna elettorale” che poi si rivelano puntualmente disattese.