L’Istituto di studi e ricerche Cattaneo ha analizzato oltre 500 “secondi turni” nei Comuni dal 2010, scoprendo che i pentastellati sono capaci di grandi rimonte, soprattutto quando hanno di fronte il Pd
Napoli, 17 giugno – Mancano ormai due giorni ai ballottaggi per le Amministrative in 126 comuni italiani. Eppure prevedere come finirà, specie in grandi città come Torino e Milano, sembra essere un compito ardito anche ai sondaggisti. Giusto per farsi un’idea, l’Istituto Cattaneo di Bologna, ha provato ad analizzare 532 ballottaggi dal 2010 a oggi, per capire se voteranno più o meno elettori o se ci saranno delle clamorose rimonte. E per capire anche quale sarà il comportamento dei 5 Stelle, considerati un po’, a torto o ragione, l’ago della bilancia.
Secondo l’Istituto domenica andranno a votare meno elettori rispetto al 5 giugno scorso. L’andamento nei due turni di elezione in tutti i Comuni andati al ballottaggio tra il 2010 e il 2015, mostra che l’astensione cresce, tra primo e secondo turno, di oltre 15%. A volte anche più, come nel 2014 quando si è perso ben il 19,2% Osservando il calo della partecipazione, si scopre anche che l’astensione è maggiore in 5 Regioni del Sud (Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia), che fanno registrare al secondo turno un astensionismo pari a 16,8% rispetto al primo. Nelle Regioni storicamente “rosse” (Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria), l’astensione cala al 13,5%. Sulla base dei precedenti, l’affluenza nazionale (in tutto il Paese) non dovrebbe superare il 50%. Ciò nonostante, per quanto riguarda la legittimazione popolare dei vincitori, il sindaco eletto al secondo turno ha quasi sempre preso più voti rispetto al primo turno. Affermazione vera per il 90% dei casi nel 2011, per il 55% nel 2014.
Una delle metafore più abusate nelle due settimane che separano i due turni di elezione è quella secondo la quale il ballottaggio è una “nuova partita”, che ricomincia da “zero a zero”. Non è così. Di solito il vincitore del primo turno riesce a riconfermare la propria vittoria anche al ballottaggio per il 71% dei casi, mentre i casi di rimonta sono all’incirca tre su dieci (29%). Per tale motivo non è difficile ipotizzare una rimonta a Milano, dove Sala al primo turno ha guadagnato un punto in più dello sfidante Parisi, a Roma dove a Giachetti mancano circa dieci punti rispetto alla Raggi e a Torino, dove la Appendino deve recuperarne undici rispetto a Fassino. Più difficile la rimonta a Bologna e Napoli, dove Merola e de Magistris hanno quasi venti punti di vantaggio rispetto a Borgonzoni e Lettieri.
A Roma e Torino la sfida è particolarmente interessante perché di fronte, secondo i sondaggi ovviamente, ci sono la prima e la seconda forza politica del Paese, vale a dire il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. Come scrivono i ricercatori del Cattaneo, “per la natura composita del suo elettorato e per il suo messaggio trasversale, il Movimento 5 Stelle si dimostra una macchina da ballottaggi”. Dal 2010 al 2015 i candidati pentastellati hanno partecipato a 24 ballottaggi e ne hanno vinto 13, cioè più del 50%. Inoltre, dieci di questi tredici successi li hanno raggiunti partendo da una posizione di svantaggio. È andata così anche a Parma nel 2012 e a Livorno nel 2014. Perché, ed è un particolare che farà piacere alla candidata sindaco pentastellata a Torino, Chiara Appendino, tutti i casi di rimonta a 5 Stelle si sono verificati quando dall’altra parte c’era un candidato del Pd.