‘Basta, dobbiamo aprire. Discriminati ma usiamo distanziamento’
Tre tavolini sulla rotonda di piazza VII Settembre, apparecchiati con i piatti vuoti. E’ questo il modo plastico che i ristoratori di Napoli privi di spazi esterni usano per protestare contro la mancata riapertura.
A farlo sono i ristorantini del centro e dei vicoli, quelli amati dai napoletani e che negli ultimi anni erano invasi dai turisti, che scoprivano lì i piatti della tradizione e l’atmosfera del centro storico. “Sono 14 mesi – spiega Rosario Ferrara, presidente del Consorzio Toledo Spaccanapoli – che chi ha tavoli solo interni non può lavorare, le famiglie sono allo stremo, chiediamo che si possa riaprire anche a capienza ridotta, si deve dare anche a loro la possibilità di sostenere le spese quotidiane, non mettono un piatto a tavola da tempo e per questo qui abbiamo portato piatti vuoti. Riaprono teatri e palestre e non capiamo perché non viene tutelato il comparto ristorazione, in centro storico non ci sono grandi superfici ma trattorie a livello familiare, si arriva a 8, 12, 15 tavoli al massimo”.
L’associazione rappresenta circa 15 ristoranti del centro storico ma alza la voce per tutti i colleghi, come pure ha fatto il consigliere comunale a Napoli Vincenzo Solombrino aprendo una petizione per chiedere l’apertura. Tra i locali chiusi la trattoria “Nannì” a Toledo, come ricorda il titolare Vincenzo De Pompeis: “Abbiamo pari dignità – dice – rispetto a chi ha lo spazio esterno. Tutti i cittadini sono in strada, lavorano, si consente il flusso di giovani nelle piazze, e noi siamo chiusi? Chiediamo coerenza. La sicurezza si ottiene con il distanziamento come si fa alle Poste, in banca, in bus, in metro, non vedo perché accanirsi con la ristorazione”.