Il 23 ottobre 2012 gli avvocati italiani scenderanno in piazza per manifestare il proprio malcontento contro le manovre del governo che stanno di fatto sopprimendo alcuni diritti costituzionali. Nell’arco breve di un anno, a partire dalla manovra del 2011 per l’anno 2012 fino all’ultimo disegno di legge di stabilità presentato dal Governo in questi giorni, sono state emanate una serie di norme che non solo hanno aumentato i costi della giustizia ma hanno reso oltremodo difficile accedervi anche dal punto di vista procedurale e addirittura logistico.
In sintesi la normativa in esame, motivi della protesta.
Una prima serie di norme ha aumentato in maniera sconsiderata i costi di accesso alla giustizia fino a farla diventare un servizio privato per pochi abbienti; tra queste la norma che ha assoggettato al pagamento del contributo unificato le cause di lavoro che precedentemente ne erano esenti per ragioni di giustizia sociale. Pertanto per esempio, se un soggetto ha subito un sopruso sul luogo di lavoro e ha un reddito familiare che complessivamente supera i 31 mila euro annui, dovrà pagare il contributo unificato.
In questo caso al Governo poco importa se magari il reddito prodotto dal coniuge del lavoratore va a confluire in un mutuo o comunque nelle spese di vita necessarie per il mantenimento di una famiglia, o se il lavoratore vive nel nucleo familiare di un genitore pensionato: se vuol far causa per affermare i propri diritti di lavoratore deve pagare e se la questione giuridica trattata (es. demansionamento) non ha un valore monetario, si applica il contributo massimo di 225 euro.
I contributi unificati sono poi aumentati e raddoppiati rispettivamente in appello e in cassazione, rendendo la giustizia più cara, paradossalmente in danno del cittadino, se il giudice di primo grado o di appello ha sbagliato.
Ancora va evidenziato che sono stati ristretti i criteri di accesso alla Legge Pinto allo scopo di scoraggiare l’uso di tale mezzo che era stato introdotto a tutela del cittadino che avesse subito un processo lungo anni e anni.
Sono state introdotte norme che di fatto limitano un grado di giudizio e con il ddl stabilità presentato proprio in questi giorni, se il Giudice dichiara la domanda improcedibile (magari sbagliando) il cittadino dovrà pagare una sanzione corrispondente ad un ulteriore contributo unificato.
Ulteriore norma che viola l’art. 24 della Costituzione italiana è quella che prevede un limite di reddito bassissimo (11mila euro annui) per l’accesso al beneficio del gratuito patrocinio e quella che prevede il dimezzamento dei compensi degli avvocati che hanno patrocinato in una causa per un cliente meno abbiente.
Sempre il ddl stabilità prevede che il compenso dell’avvocato non può eccedere il valore effettivo della causa.
Che cosa significa? Che se un cittadino subisce un sopruso da una grande società, tipo una banca, una compagnia di assicurazioni, telefonica o Equitalia, anche solo di 400 euro e per ottenere un rimborso è costretto a fare causa, l’avvocato non potrà ottenere dal giudice, in caso di esito vittorioso della causa, più di 400 euro come compenso, magari dovendo fare uno studio approfondito di leggi e sentenze. Quindi facilmente l’avvocato rifiuterà l’incarico ed il cittadino dovrà soccombere dinanzi ai colossi economici: pagherà anche se nulla deve, anche se la cartella Equitalia è stata notificata illegittimamente, piuttosto che dover pagare una differenza sul compenso dell’avvocato.
Ulteriori norme che rendono oltremodo difficile l’accesso alla giustizia sono quelle che hanno previsto l’abolizione delle sedi distaccate dei Tribunali e degli Uffici del Giudice di Pace, in ragione di presunte e non dimostrate riduzioni di spesa. Quest’ultima previsione costringerà i cittadini che chiedono giustizia e gli avvocati che devono assisterli a spostarsi quotidianamente, anche di centinaia di Km per raggiungere le sedi centrali dei Tribunali, facendo così ricadere su tali soggetti ulteriori aggravi di spese.
Solo un accenno poi ai tagli relativi a fondi e personale della giustizia ragion per cui addirittura il Presidente del Tribunale di Napoli circa un mese fa, fece un appello alle Istituzioni per non dover essere costretto e chiuderlo per mancanza dei fondi essenziali al suo funzionamento.
Avvocati contro. Gli avvocati lamentano di essere additati come una “casta” di soggetti il cui unico pensiero sarebbe quello di arricchirsi a spese dei clienti, ma la battaglia che stanno conducendo in questo momento storico non è finalizzata ad affermare una casta ma a ri-affermare alcuni principi della Costituzione italiana da troppo tempo dimenticati. Gli avvocati oggi, sono “lavoratori del Diritto” costretti a svolgere la propria attività tra mille difficoltà oggettive. Si aggiunga che con l’introduzione di parametri di liquidazione livellati al ribasso, i compensi degli avvocati si ridurranno sempre di più a fronte di un aumento esponenziale delle tasse e dei contributi previdenziali da pagare. In tal modo un’intera categoria di lavoratori rischia di essere debellata in totale dispregio dell’art. 4 della Costituzione.
Ma se gli avvocati che il 23 ottobre scenderanno in piazza sono, agli occhi dell’opinione pubblica, una casta, esiste poi quella dagli avvocati che siedono in Parlamento. E’ quasi paradossale – lamenta la base degli avvocati in protesta – che le leggi descritte che eliminano il diritto di difesa e di uguaglianza oltre che il diritto al lavoro degli avvocati, siano state emanate, in sordina, da avvocati parlamentari o membri del Governo. La Legge sulla mediazione civile obbligatoria, che obbliga chi chiede giustizia a recarsi da un mediatore privato, prima di rivolgersi al giudice imparziale, soggetto solo alla legge, fu vista con grande favore dall’allora Ministro Angelino Alfano, avvocato. E da Alfano all’attuale Ministro, anch’ella avvocato, sono state emanate tutte le norme che hanno aumentato i costi, hanno tagliato i compensi degli avvocati, hanno eliminato le sedi distaccate dei tribunali rendendo così disagevole l’accesso al servizio giustizia. E ancora, Il Diritto, come materia di insegnamento nelle scuole superiori, ha subito una drastica riduzione di ore proprio da parte un avvocato, l’allora Ministro dell’Istruzione Gelmini.
La manifestazione di protesta del 23 ottobre nata da un’idea lanciata dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli ed organizzata di concerto con altri Consigli dell’Ordine italiani, partirà da Piazza della Repubblica a Roma alle ore 11.00 con corteo fino a Piazza SS Apostoli.