Roma, 25 novembre – Maria Argentina Minerva, Antonia Maria Teresa, Patria Mercedes. Le sorelle Mirabal, tre sorelle dominicane, che il 25 novembre del 1960 vennero uccise a bastonate dagli uomini del regime di Trujillo, poi spinte in un burrone per inscenare un incidente. La loro unica colpa è stata quella di essere uscite di casa per andare a far visita ai mariti in carcere.
Ilaria, Monica, Maria Pia, Tatiana, Lavinia, Rodika, Paola, Marilia, Maria Grazia, Antonella, Lucia, Erica, Cristina, Laura, Nicoletta. Solo alcune tra le 79 vittime di femminicidio in Italia. Solo nell’ ultimo anno. Alcune di loro si erano macchiate della colpa di aver messo fine ad una storia d’amore. Altre portavano in grembo una vita non desiderata. Altre ancora erano semplicemente troppo belle, quindi viste come un oggetto sessuale e di potere, da poter buttar via quando pare e piace.
In pochissimi casi la mano assassina non è stata quella del convivente, amico, fidanzato, marito o ex. Segnale di un disagio culturale che ci trasciniamo dietro da tempi antichissimi. La donna, vista come il “sesso debole”, oggetto di desiderio e di possesso, da proteggere, ma quando è necessario anche punire. E in casi estremi, come ad esempio il tradimento, anche uccidere.
Modello che di certo le vicende pubbliche italiane degli ultimi anni non hanno contribuito a sradicare. E nemmeno le pubblicità sessiste, dove il corpo della donna viene usato per attrarre ed aumentare gli introiti, come se le donne fossero una merce. Una merce, ma anche un termine di paragone. Da sempre, più la donna che si ha a fianco è bella, più si è considerati virili. Le immagini di queste donne perfette che vediamo spesso sui cartelloni pubblicitari e sempre quando accendiamo la TV, si imprimono nelle menti degli uomini, che poi le useranno come termine di paragone nei confronti delle loro conoscenze. E così i rapporti sentimentali e quelli sessuali, si sviliscono ad una sorta di competizione machista, in cui la donna viene ridotta al ruolo di gingillo. Nulla di più, e chi non rispetta certi standard è fuori. Spesso anche nel mondo del lavoro. Leggendo le inserzioni si leggono sempre più spesso tra i requisiti “bella presenza” o “max taglia 42”, anche quando si tratta di candidarsi per fare la commessa in un negozio di abiti da donna.
Ma il primo palcoscenico su cui possiamo assistere ad esempi di violenza sulla donna è la famiglia. In Italia è infatti ancora ben radicato il modello in cui l’ uomo di casa ha come unico compito quello di “portare il pane a casa”, poi è libero di sdraiarsi sul divano, mentre la donna si occupa delle faccende domestiche e della cura dei figli. Anche quando è lei a portare il pane a casa ed il marito è disoccupato, lui è autorizzato a passare la giornata davanti alla TV o al bar, la donna invece deve dividersi tra lavoro e faccende domestiche, poi se avanza tempo può prendersi cura di sé stessa. E spesso si riscontrano differenze di genere anche nella crescita dei figli, la femminuccia deve imparare a lavare i piatti, cucinare, riordinare e non uscire la sera o tornare prima che tramonti il sole, mentre il maschietto deve imparare ad essere “l’ometto di casa”, quindi è automaticamente esonerato dai primi tre compiti e può uscire quanto e quando vuole. Altro che pari opportunità.
Come abbiamo potuto analizzare, la strada per mettere fine alla violenza e alle differenze di genere è lunga, c’è molto lavoro da fare dall’educazione ai media.
Il 25 novembre, per ricordare le tre sorelle Mirabal, si celebra la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. In tutto il mondo ci saranno delle iniziative volte alla sensibilizzazione sull’argomento.
A Napoli Lunedì 25 novembre alle ore 20.30 al Teatro San Carlo si terrà “Omaggio a Franca Rame” regia di Laura Angiulli, con Rosaria De Cicco , Alessandra D’Elia, Cristina Donadio, Enza Di Blasio, Licia Maglietta, Rita Montes, Antonella Stefanucci, il coro delle voci bianche del Teatro San Carlo diretto da Stefania Rinaldi, luci di Cesare Accetta.
L’iniziativa è stata promossa dall’ Assessore al Welfare Roberta Gaeta, dalla vice Presidente del Consiglio Comunale Elena Coccia e dalla Soprintendente del Teatro San Carlo Rosanna Purchia.
Il biglietto è in vendita presso il botteghino del Teatro San Carlo ad un costo simbolico di 10 euro.