Nell’ambito delle manifestazioni per la Giornata della legalità molte sono le associazioni nazionali che hanno organizzato eventi e conferenze per trattare il difficile tema. A Castellammare di Stabia il 16 novembre si è tenuto l’incontro organizzato dall’associazione Ambiente Italia presieduta dal maresciallo dei carabinieri Vincenzo Zurlo per parlare dei bambini e di come le loro vite abbiano già conosciuto la camorra ed i suoi effetti. I ragazzi che vivono nella zona calda del clan D’Alessandro, che si estende tra Castellammare di Stabia e Scanzano, hanno espresso le loro opinioni.
Bambini e camorra, un binomio che segna inevitabilmente la vite nella difficile fase di crescita; argomento delicato e sconcertante, di cui la cronaca ha già fatto conoscere i giovani protagonisti, ragazzi ancora piccoli, ma forzatamente divenuti adulti.
I clan, in questi anni stanno crescendo e istruendo una nuova e ampia generazione di delinquenti, facendo affinare le arti del mestiere a persone i cui nomi finiranno, inevitabilmente, nella futura cronaca nera. La lotta alla criminalità è un fattore costante nella nostra società ma, nonostante il contributo delle tante associazioni di volontariato che si adoperano per togliere dalla strada i ragazzi che abitano nelle zone più a rischio, basta un solo clan a rendere vano tutto il lavoro fatto sui ragazzi.
Parola accorate verso i ragazzi a rischio sono state espresse da don Tonino Palmese, salesiano e parroco di Portici (Na), docente all’Università di Napoli Parthenope, referente per la Campania dell’associazione Libera e coordinatore del movimento anti camorra di Napoli, in occasione della sua partecipazione a Trenta Ore per la Vita. Nelle sue parole la denuncia della strategia dei clan che ingloba e sfrutta i ragazzi per i propri interessi, prendendoli da quelle zone dove degrado e mancanza di mezzi li rendono prede facili.
Ecco il quadro raccapricciante descritto da Tonino Palmese: “Quando penso ai bambini soldato penso all’esercito di quei bambini organizzati dalla criminalità nell’Italia meridionale. C’è una realtà di bambini-soldato che può far dispiacere i benpensanti se essere bambini soldato significa appartenere ad un esercito del male, come quello della criminalità organizzata, esistono anche nell’Italia meridionale. Le cifre non sono facilmente raggiungibili guardando alla giurisprudenza minorile o a quanto possiamo attingere dai tribunali e dalle procure minorili la realtà è molto più macroscopica e non tutti questi ragazzi fanno l’esperienza della denuncia, dell’arresto e del processo. Giovani bruciati, che finiscono nella rete della malavita per motivi non solo di carattere economico, ma legati alla cultura del posto, andando a costituire un esercito invisibile di minori aggregati alla criminalità organizzata, ragazzi che si stano convincendo che guadagnare a tutti i costi è bello e che fuggire i percorsi normali della crescita accelera il percorso verso l’età adulta. Non per niente si dice che ai bambini soldato viene negata l’infanzia”.
Alla domanda se sia possibile salvare queste vite che rappresentano il futuro della società risponde: “Il tentativo è quello di incrementare i luoghi e le situazioni educative importanti. Fuori da questa ipotesi è impossibile ottenere qualcosa con questi ragazzi, che molte volte vengono cresciuti con il mito del successo e del denaro. Anche in realtà come queste l’educazione diventa possibilità di crescere insieme con valori come l’amicizia e la condivisione, che ci fanno diventare uomini”.
Negli ultimi anni numerose sono le pubblicazioni di libri sull’argomento di bambini e camorra. Uno di questi è quello del compianto Marcello D’Orta scomparso alcuni giorni fa. Il testo, scritto a quattro mani con don Luigi Merola, ex parroco di Forcella, s’intitola “A voce d’e creature”, la camorra viene raccontata attraverso i temi dei bambini di Napoli, lasciando a loro il compito di scrivere di argomenti di cui spesso gli adulti hanno timore o pudore di parlare. Dicono che il re è nudo, e che la camorra fa schifo, parlano di camorra e di pizzo, di violenza e di monnezza. Scrivono lettere al sindaco e al papa, danno il loro impagabile punto di vista sul calcio, le scommesse clandestine, i botti di capodanno. Parlano dei loro desideri, delle loro speranze, del futuro.
Scrive don Merola: “Con questi temi i bambini raccontano la camorra come un inferno che brucia le speranze dei cittadini onesti, il degrado delle strade, istituzioni quasi sempre assenti, strutture fatiscenti. I nostri bambini, in queste pagine, gridano il loro inno alla vita. Noi crediamo che il riscatto di Napoli parta dai bambini, dal dare voce alle sue creature”.
Finalmente qualcuno che dice che i bambini-soldato esistono anche in Italia, soprattutto al sud, soprattutto a Napoli e dintorni. Da parte di mia nonna materna io sono di Castellammare di Stabia e vorrei che qualcuno desse a questi bambini la possibilità di crescere in famiglie sane, magari attraverso progetti di adozione anche a livello internazionale proprio come avviene con i bambini del Terzo Mondo. E’ assurdo lasciarli in mano a famiglie, a padri che li istigano a delinquere o addirittura li costringono per poi condannarli da grandi. Vale anche per i figli dei cosiddetti boss che tramandano il ‘mestiere’ per generazioni.
Grazie per il suo commento