De Magistris: “E’ stata una vittoria del popolo del San Carlo”. Intanto il Massimo partenopeo rischia il commissariamento

Teatro-San-CarloNapoli, 12 gennaio – Sono ore difficili per il futuro del Teatro San Carlo di Napoli sul quale, da qualche giorno, incombe la minaccia di un nuovo commissariamento. Un vero e proprio colpo al cuore della cultura mondiale, visto che non solo è uno dei teatri d’opera più prestigiosi e famosi al mondo, ma è anche il più antico ancora attivo in Europa ed uno dei più capienti in Italia.

Divenuto nel ’99 una Fondazione di diritto privato senza scopo di lucro, il Massimo napoletano ha vissuto, fino al 2008, numerosi alti e bassi a causa della riduzione delle risorse pubbliche disponibili, principale fonte di finanziamento: circa 20 milioni di euro di debito, un patrimonio totalmente azzerato ed un forte disavanzo sembravano indirizzare il Lirico partenopeo ad un inevitabile fallimento. Ma, nel 2007, arriva una svolta fondamentale per le sorti del teatro, grazie al commissario straordinario Salvo Nastasi che, risanando il bilancio dal 2008, riporta il San Carlo in pareggio, divenendo un modello di gestione virtuosa e guadagnando il secondo posto tra i Lirici italiani nelle graduatorie di settore.

Completa la rinascita la nomina della nuova soprintendente, Rosanna Purchia, napoletana con 33 anni di esperienza al Piccolo di Milano che, avviando una sorta di spending review, abolisce i costi sussidiari (come il facchinaggio ed il cartaceo) e resuscita una struttura data per spacciata. Anche nel 2012 il bilancio del Teatro San Carlo fa registrare un pareggio, nonostante i vari tagli da parte del Ministero e i ritardi di pagamento di regione e comune. Sembra assurdo, alla luce della premessa fatta, quello che stanno vivendo i lavoratori del Massimo partenopeo in questi ultimi mesi.

Tutto prende vita dall’approvazione, ad agosto, del decreto “Valore Cultura”, che permetterebbe alla Fondazione di ottenere 75 milioni di euro di fondi da destinare al teatro. Il tutto, però, pagato con la riduzione del 35% degli stipendi dei dipendenti, già provati da grandi sacrifici in termini salariali dagli anni del commissariamento. I lavoratori, rappresentati dalle organizzazioni sindacali, hanno dunque posto il veto all’adesione al decreto e rivendicato a gran voce il loro malcontento e la loro dignità. La tensione si tagliava col coltello in occasione della riunione del Cda della Fondazione, tenutasi lo scorso 9 gennaio, ultimo giorno utile stabilito dal governo per aderire al decreto.

Il Cda, formato da Luigi De Magistris (presidente), Maurizio Maddaloni (vice presidente, in rappresentanza della Camera di Commercio), Stefano Caldoro (consigliere, in rappresentanza della Regione), Luigi Cesaro (consigliere, in rappresentanza della Provincia), Andrea Patroni Griffi (consigliere, in rappresentanza del Comune) e Riccardo Villari (consigliere, in rappresentanza del Mibac) si è sgretolato dinanzi la ferma decisione presa da De Magistris di non aderire al decreto, proponendo, in alternativa, la ricapitalizzazione attraverso beni immobili comunali e rendendosi, in tal modo, portavoce dei lavoratori e delle maestranze del San Carlo.

La risposta è stata le dimissioni di quattro membri, seguiti, dopo due giorni, dal quinto. Resta solo, dunque, il primo cittadino, che, rivolgendosi ai lavoratori che lo hanno acclamato per la sua decisione, ha parlato di “battaglia storica che dobbiamo estendere in tutta Italia contro una legge pessima che non riduce i costi delle produzioni, favorendo le esternalizzazioni e penalizzando le risorse interne, sulle quali noi invece vogliamo puntare. Il Comune ha messo 40 milioni di euro, è l’unico socio che l’ha fatto. È stata una vittoria del popolo del San Carlo, che non riguarda solo gli stipendi ma la politica culturale”.

Meno entusiasmanti le dichiarazioni di Caldoro che, all’indomani della riunione, ha detto che “L’adesione non era una posizione discrezionale; già 5 delle 6 fondazioni per cui era stato pensato il fondo hanno aderito. Noi pensavamo ad un’adesione con prescrizione, senza toccare cioè salari e livelli occupazionali. La legge ci dava benefici enormi. Poi per evitare la spaccatura del consiglio, abbiamo preferito le dimissioni”.

Nel pomeriggio di ieri, De Magistris e Caldoro si sono incontrati nuovamente nel tentativo di mediare una soluzione, ma le loro posizioni restano ancora distanti. Intanto, con lo scioglimento del consiglio di amministrazione, la patata bollente passa al MiBACT/strong>.

Il ministro Bray, ti totale del dicastero, durante la visita di ieri alla Reggia di Carditello, assicura che “Per il teatro San Carlo riusciremo a trovare tutte le forme necessarie a preservare un bene importante”, sebbene, all’indomani della mancata adesione al decreto, le sue parole sulla mancanza di fondi senza un Cda hanno subito fatto pensare ad un nuovo commissariamento, presagio sul quale speriamo si chiuda presto il sipario.

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