Dalla DC, al PPI, passando per l’Ulivo e il PD, la lunga carriera politica di Dario Franceschini, oggi ministro dei Beni Culturali e del Turismo
“Sin dal primo istante in cui ho varcato la soglia del Collegio Romano ho percepito la grande responsabilità assunta con il giuramento prestato al Presidente della Repubblica”. Inizia così la lettera scritta da Dario Franceschini neo ministro dei Beni Culturali e Turismo nominato nel nuovo governo di Matteo Renzi, indirizzata ai dipendenti del MiBACT. “Ho grande stima e considerazione del vostro operato e sono pronto a prestare ascolto alle istanze e alle esigenze che provengono dal territorio, a battermi per risolvere i piccoli e grandi problemi che possono essere d’ostacolo nel vostro lavoro”.
Il ministro prosegue sottolineando la necessità di “rilanciare con orgoglio un programma di grande respiro […] per i Beni italiani che portano il 10,3% del PIL e sono potentissimi attrattori di investimenti stranieri. Per questo ritengo fondamentale mettere la cultura e il turismo al centro delle politiche di governo. È utile e vitale tornare a considerare la cultura un potente volano per lo sviluppo economico e sociale. Come per tutte le economie avanzate, anche per l’Italia è decisivo investire sull’istruzione, sulla formazione e sulla ricerca”.
La formula del ministro non è una novità, ma l’apertura al dialogo e la sinergia con la forza lavoro del MiBACT, composto da diciottomila dipendenti, pare un bell’inizio. Certo, in questo taglio del nastro si colloca male l’esordio di Francesca Barracciu, nominata sottosegretario al Ministero, che oltre ad essere attualmente sotto indagine per peculato è stata protagonista di una clamorosa gaffe. Il giorno successivo la nomina, la Barracciu ignorava l’entità delle sue deleghe in qualità di sottosegretario tanto che, interpellata da un utente su Twitter, che le chiedeva se si fosse occupata di cultura o turismo ha risposto con un eloquente tweet: “Ciao, ieri sono arrivata di corsa e non ho potuto verificare nel dettaglio. Sto andando ora a verificare, poi ti dico”. La domanda successiva è nata spontanea: “Mi scusi Barracciu, non sa nemmeno a cosa è sottosegretario?”.
E si inseriscono male anche i crolli di questi ultimi giorni all’interno degli scavi di Pompei che hanno dato ‘il ben venuto’ al ministro mettendolo in corsa. Oggi Franceschini deve trovare soluzioni e produrre fatti, o almeno si spera, dato che, intervistato proprio in seguito ai danni rinvenuti nel sito archeologico ha affermato che Pompei è una priorità del Paese, ma lui sta solo da pochi giorni a capo del dicastero. Sì, ma Pompei è un caso nazionale, sotto tanti aspetti: cultura, sviluppo, occupazione e turismo e l’oggi ministro è sulla poltrona da qualche lustro. E dalla rete, infatti, c’è chi questa sua presenza l’ha ricordata pubblicando il video del 2010 quando Franceschini, capogruppo del PD alla camera, in un tagliente intervento chiedeva le dimissioni dell’allora ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi. “Una figuraccia internazionale Pompei che cade a pezzi sotto le intemperie“, aveva detto minacciando la mozione di sfiducia in caso di mancate dimissioni di Bondi. Dimissioni che poi Bondi rassegnò spontaneamente.
Dario Franceschini è nato a Ferrara, classe 1958, iscritto alla DC nel 1977, dopo l’elezione a segretario di Benigno Zaccagnini, dopo due anni viene eletto Delegato Provinciale dei giovani DC e da allora la carriera politica si è legata a quella di avvocato e di scrittore. Per percorrere la sua storia leggi qui.