L’edificio, costruito nel ‘600, è, ancora oggi, una delle chiese più “ambigue” della città
Napoli è da sempre la città dei contrasti e degli apparenti nonsensi, e non a caso è proprio Napoli ad ospitare una delle chiese più suggestive e pittoresche mai esistite. Quel filo sottile che divide la vita e la morte, nella patria di Pulcinella, sembra non sia mai esistito, abituati come sono, i partenopei, a convivere con la morte. Il terreno e l’ultraterreno condividono spazio e tempo qui: dal dispettoso “munaciello” (vai all’articolo) ai morti che, nei sogni, danno i numeri buoni, nessun defunto sembra essere sottovalutato per future grazie o intercessioni.
In passato, i napoletani, per invocare i buoni auspici, si tenevano buone le anime del Purgatorio, così ciascuno ne prendeva una in affidamento. Ne curava i resti, le portava qualche fiore e spesso le dava addirittura un nome. Questa tradizione, nata dopo l’epidemia di peste del 1656 che vide accatastare circa quarantamila cadaveri nel sottosuolo della città, viene detta il culto delle “anime pezzentelle”.
Due furono i luoghi preposti a tale rituale: il Cimitero delle Fontanelle nel Rione Sanità e la Chiesa di Santa Maria del Purgatorio ad Arco, detta anche “Chiesa delle capuzzelle”, al centro storico. Costruita per volontà di un’Opera Pia nel XVII secolo e consacrata nel 1638, è un capolavoro del barocco napoletano; essa si sviluppa due livelli: la chiesa superiore, dove si trovano dipinti di Stanzione, di Andrea Vaccaro e di Luca Giordano, e l’ipogeo, cui si accede attraverso una botola, concepito per rappresentare una suggestiva discesa nel Purgatorio. È qui che nasce, e si perpetua ancora oggi, il culto delle anime pezzentelle.
L’altare centrale è circondato da ossa e simboli funerari, gli stessi che accolgono i visitatori e i fedeli all’ingresso, dove i teschi in bronzo, a causa dello strofinio scaramantico dei turisti sono lucidi e spesso accompagnati da fiori freschi. Il percorso sotterraneo è particolarmente suggestivo: le gallerie e gli ampi ambienti che venivano utilizzati, negli anni della guerra, come rifugi per proteggersi dai bombardamenti. In alcune zone è possibile trovare altari realizzati con comuni mattonelle da cucina che venivano portate sotto terra dalle persone che vi si rifugiavano, per ricreare un ambiente familiare.
Da qui si giunge nel zona detta “Terra Santa“, dove riposano i membri della Congregazione fondatrice e dove tra i tanti teschi, si trova quello di Lucia, anima tanto amata dalla tradizione popolare e a cui le donne affidano i loro travagli d’amore. Si crede, infatti, che Lucia sia una “capuzzella” miracolosa soprattutto per le zitelle che vanno da lei per trovar marito.