“Per la loro lotta contro la repressione dei bimbi e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione”
Oslo – Venerdì 10 ottobre il presidente del Comitato norvegese del Nobel per la Pace, Thorbjørn Jagland ha annunciato il nome, o meglio i nomi, dei vincitori. Quest’anno, come già capitato in passato, sono ben due i Nobel per la Pace: Malala Yousafzai e Kailash Satyarthi. “Per la loro lotta contro la repressione dei bimbi e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione: devono andare a scuola, non essere sfruttati”, cita la motivazione letta ad Oslo.
Una scelta non casuale, quella di accostare la giovane ragazzina pachistana, vittima nel 2012 di un attentato talebano, e l’attivista indiano, impegnato da anni nella lotta contro lo sfruttamento minorile. Una scelta che per il Comitato del Nobel è “un punto importante per un hindu ed una musulmana, un indiano ed una pachistana, unirsi in una lotta comune per l’educazione e contro l’estremismo”.
Da anni, infatti, le due popolazioni combattono ferocemente per la regione del Kashmir. Ma, almeno ieri, in occasione del riconoscimento sul confine indo-pachistano è cessato il fuoco. E, su invito di Malala e Satyarthi, i premier dei due paesi, Nawaz Sharif e Narendra Modi, si ritroveranno fianco a fianco il 10 dicembre per la cerimonia che si terrà in Norvegia. Un piccolo spiraglio, forse, verso il dialogo, la speranza che questo premio sia solo l’inizio di una collaborazione pacifica.
E così la piccola Malala, di soli 17 anni, è stata incoronata come la più giovane vincitrice del Nobel nella storia di tutte le categorie del premio (prima di lei solo il fisico Laurence Brogg, che quando ricevette il premio, nel 1915, aveva 25 anni). Lei ha più volte detto di “non meritarlo”, di “non aver fatto ancora abbastanza”. Ma il Comitato non sembra essere d’accordo: “Nonostante la sua giovane età Malala Yousafzai ha già combattuto diversi anni per il diritto delle bambine all’istruzione ed ha mostrato con l’esempio che anche bambini e giovani possono contribuire a combattere la loro situazione. Cosa che ha fatto nelle circostanze più pericolose.”
Il merito di Malala è quello di aver fatto luce sulla condizione delle donne e delle bambine nella valle dello Swat, regione del Pakistan controllata dai talebani. Il passo da comune ragazzina ad attivista per i diritti umani è stato consegnare alla Bbc il suo diario in urdu, un gesto contro l’oscurantismo talebano, un gesto di risonanza mondiale, un gesto che le è costato una pallottola alla testa. Ora Malala, che per i talebani sarà sempre “il simbolo degli infedeli e dell’oscenità”, è per tutto il mondo un simbolo di coraggio e lotta per i diritti umani.
Più anziano, invece, è Kailash Satyarthi, di 60 anni, impegnato dagli anni ’90 attraverso la sua associazione “Bachpan Bachao Andolan” nella lotta contro la schiavitù e il lavoro minorile. Il Comitato norvegese di lui ha detto: “Mostrando grande coraggio personale Kailash Satyarthi, continuando la tradizione di Gandhi, ha capeggiato diverse forme di protesta e dimostrazioni, tutte pacifiche, concentrandosi sul grave sfruttamento dei bambini per motivi economici”.
Un esempio per tutti è stata la Global March Against Child Labor, da lui organizzata nel 1998 insieme ad insegnanti, sindacalisti e Ong di tutto il mondo. 80.000 i bambini che Kailash ha salvato dallo sfruttamento attraverso l’impegno della sua associazione e del suo marchio Rugmark, il primo che certifica totalmente la mancanza di coinvolgimento di minori nella realizzazione dei suoi prodotti. Azioni che gli hanno fatto ottenere già numerosi riconoscimenti internazionali, come una medaglia dal Senato Italiano nel 2007.
“È un onore per tutti quei bambini che soffrono in schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici”, ha dichiarato Kailash dopo aver espresso la volontà di devolvere la sua parte del premio a favore di progetti per i bambini. E ha concluso dicendo: “Conosco Malala personalmente e la inviterò a lavorare con me”. Positiva, ovviamente, la risposta della giovane pachistana.