I Presidente del Consiglio continua a “bacchettare” sindacati e minoranza Pd e a ripetere: “abbiamo preso il 40,5% dei voti”
28 ottobre – E’ sicuramente una fase molto delicata per il Governo Renzi. Dopo la legge di stabilità, i parametri europei e la manifestazioni contro il Jobs Act, neanche il tempo di godersi i fasti della Leopolda nella sua Firenze che il premier deve affrontare le osservazioni dei rappresentati delle parti sociali che hanno definito l’incontro con il Governo sui temi della finanziaria: “surreale”. Sicuramente qualche insulto di troppo dalla piazza urlante non è andato giù al Premier che stavolta, indossata la giacca nel salottino di Lilli Gruber, decide di arroccarsi sulla linea dura: “Il sindacato pensi a tutelare i lavoratori, al resto ci deve pensare Governo e Parlamento, chi vuole partecipare a questo processo si faccia eleggere”.
Un richiamo severo quindi ad occuparsi ciascuno delle proprie competenze che suona un po’ come dire noi ascoltiamo tutti ma comunque poi facciamo come ci pare. Ovviamente il riferimento era indirizzato anche alla minoranza del PD, che ha preferito scendere in piazza con la Cgil piuttosto che partecipare all’happening fiorentino, anche su questo fronte il presidente del Consiglio ribadisce le sue posizioni: “A me interessa capire come affrontare la disoccupazione. Io credo che il potere di veto delle piccole formazioni abbia distrutto questo Paese. Ricordo Prodi, come è andato a casa due volte. Il potere di veto è finito, ma bisognerebbe parlare anche del potere di voto. Noi abbiamo preso il 40,5% dei voti. E ieri abbiamo vinto a Reggio Calabria, dove non vincevamo da tanto. Io non sono allergico alle critiche, solo a quelle all’Italia”.
E ancora: “C’è una parte che immagina un raggruppamento molto più di sinistra radicale. Ma c’è già qualcosa a sinistra del Pd che alle regionali ha preso il 4,3%”. Insomma niente oltre Renzi e la sua linea politica, che sostanzialmente poco tollera la concertazione, vedremo chi vincerà questa scommessa. Il Premier ha preso un impegno consistente con il Paese – senza passare per le urne – ovvero quello di riportare entro l’anno il valore della produttività finalmente su numeri positivi nonché di incrementare significativamente il mercato del lavoro. Le prime verifiche sono ormai alle porte.