Violenza sessuale tramite Internet: per la Cassazione è reato

La Cassazione ha respinto il ricorso di un cinquantenne campano condannato per violenza sessuale ai danni di due bambine attraverso i social network

violenza-sessuale-social“La violenza o gli atti sessuali virtuali con minorenni non sono necessariamente caratterizzati da una minore gravità rispetto a quelli reali”. È quanto emerge dalla sentenza della Terza sezione penale redatta da Vincenzo Pezzella in merito al ricorso di un uomo campano di più di cinquanta anni condannato per atti sessuali con una bambina di nove anni attraverso l’uso dei social network e con l’ausilio di web cam e collegamento in videochiamata.

I Supremi Giudici della Cassazione mettono nero su bianco la gravità di atti sessualità virtuali nella stessa misura di atti di violenza inflitti fisicamente ad un minore respingendo il ricorso dell’uomo e confermando la condanna del secondo grado di giudizio tranne che per un capo di imputazione.

L’uomo era stato condannato in primo grado ad una pena di 12 anni. La Corte d’Appello di Napoli aveva ridotto la pena a 9 anni con la sentenza giunta a giugno 2014. L’accusa aveva evidenziato il suo comportanto sessualmente violento con più di una bambina attraverso i social network. La condanna infatti riguardava anche una serie di atti sessuali, con le identiche modalità usate con la minore di 9 anni, con una ragazzina di 11 anni.

I Giudici della Cassazione esprimono con questa sentenza una forte preoccupazione per l’uso a tratti “patologico” dei social network tanto da renderlo un luogo si virtuale ma egualmente pericoloso, in cui i minorenni possono diventare troppo facilmente vittime dei giochi sessuali di pedofili reali.

Nella sentenza si legge: – “Oggi lo strumento telematico è diventato di uso comune anche per i minori. Si usa il computer, il tablet, lo smartphone, per raggiungere gli amici, ma anche per studiare, per giocare, per tenersi informati” – i Giudici sottolineano che – “i social network, piaccia o no, costituiscono una forma di socializzazione che si è affiancata, quando non li ha patologicamente sostituiti, ai tradizionali strumenti con cui si allacciavano e si intrattenevano i rapporti interpersonali”. Da qui la necessità di un maggior controllo, senza cadere invece nell’errore di sottovalutarne i pericoli concreti.

Il mezzo telematico può essere anche più pericoloso della vita reale, perché chi si appresta ad avvicinare un bambino attraverso internet lo fa in modo più insidioso, favorito dal poco controllo dei genitori che credono che il proprio figlio tra le mura domestiche non possa correre nessun pericolo. Precisano i Giudici: – “La violenza che arriva attraverso il computer, raggiungendo, ad esempio, il bambino all’ora in cui è nella propria stanza a giocare con gli amichetti, può essere anche più subdola e pericolosa di quella cui può essere esposto a scuola, in palestra, per strada o tra la gente. In tali ultimi casi, infatti, un bambino è sottoposto ad una vigilanza e ad una protezione familiare e sociale che inevitabilmente, invece, si allenta quando il minore è nel chiuso della sua stanza, apparentemente al sicuro dalle insidie degli estranei”.

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