Rapporto Ocse: il tasso di occupazione degli immigrati è più alto di quello degli italiani

Ma il motivo è davvero perché sono disposti a lavorare più di noi? L’Ocse rivela una situazione a tinte fosche

immigrazionePoveri, sfruttati, senza casa e senza cittadinanza, così vivono i migranti nel nostro paese. L’Ocse ritrae il volto dell’integrazione degli immigrati in Italia nel rapporto “Indicators of immigrant integration 2015: settling in”. La crisi economica, con una diminuzione del 12% del tasso di occupazione, non risparmia neanche loro.

Dando un’occhiata alle statistiche dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico il 59% degli immigrati risultano occupati. Una percentuale che supera del 3% il numero di lavoratori italiani. Secondo Adnkronos questo significherebbe che “gli immigrati in Italia sono più propensi a lavorare rispetto agli italiani”.

A lavorare o a farsi sfruttare? “L’elevata incidenza di posti di lavoro di bassa qualità tra i lavoratori immigrati – precisa l’Ocse nel rapporto – li espone anche ad un elevato rischio di povertà”. Quasi un lavoratore immigrato su tre, infatti, vive in condizioni di povertà relativa. E molti di loro svolgono lavori precari e instabili. La causa fondamentale è la “sovraqualificazione”, per cui il 70-80% degli extracomunitari è costretto ad accettare lavori che richiedono qualificazioni inferiori a quelle possedute. Nel 2012-13 secondo l’Ocse più della metà dei lavoratori erano sovraqualificati.

“Anche se ci sono segnali incoraggianti, compreso il tasso di occupazione dei migranti relativamente elevato rispetto ai nativi per gli immigrati in Italia la strada per l’integrazione nel mercato del lavoro e nella società resta difficile”, continua l’Ocse. Condizioni di lavoro molto spesso drammatiche (con giornate lavorative al di sopra delle 8 ore e stipendi miseri) e alti tassi di povertà si vanno a sommare ad altre problematiche non meno preoccupanti.

Una di queste è la difficoltà degli immigrati di riuscire ad acquistare un’abitazione. Per questo spesso chi viene in Italia si ritrova a vivere in case super affollate insieme ad altri migranti. Si calcola che più di due case su cinque non abbiano un numero di camere sufficiente. Per quanto riguarda, invece, i figli degli immigrati quella dell’istruzione resta ancora una questione aperta. Il 38% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni non va a scuola e non lavora e si calcola che chi ci va a 15 anni spesso ha un anno scolastico di ritardo rispetto ai propri coetanei italiani.

“I tassi di frequenza prescolare sono 10 punti percentuali inferiori tra i bambini che vivono in una famiglia di immigrati rispetto ai bambini che vivono in una famiglia autoctona ed è un divario maggiore che nel resto dei paesi Ocse”, si legge nel rapporto. Un dato, l’istruzione, da non sottovalutare se si pensa che questi giovani ragazzi ora immigrati potrebbero essere in effetti parte delle future generazioni italiane.

E qui arriviamo ad un’altra questione fondamentale: l’accesso alla cittadinanza. Anche in questo caso i dati dell’Ocse non sono rassicuranti e dimostrano ancora una volta quanto sia difficile l’integrazione degli immigrati. A diventare ufficialmente cittadini italiani sono meno di 2 migranti su 5. Tra questi “gli immigrati di origini africane e asiatiche hanno meno probabilità di essere naturalizzati” e il tasso di naturalizzazione più alto si registra “tra immigrati comunitari che non tra gli immigrati extracomunitari. Questo potrebbe riflettere la naturalizzazione degli immigrati romeni prima dell’adesione del loro paese all’Ue”.

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