Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, durante l’assemblea dell’Abi, ha analizzato gli effetti che la crisi greca ha avuto sull’economia italiana. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha ribadito il ruolo fondamentale della Comunità europea per le sorti dell’economia di ogni singolo paese
“La crisi della Grecia ha avuto un impatto modesto sull’Italia, ma la Grecia non deve fallire e, soprattutto, non deve uscire dall’Euro. Altrimenti si aprirebbe una nuova crisi di fiducia e le conseguenze sarebbero gravi”, queste le parole di Visco in merito alle conseguenze sull’economia del nostro paese prodotte dalla crisi greca; il governatore ha poi aggiunto: “gli effetti diretti, per il tramite dei legami commerciali e finanziari, sarebbero modesti per l’Italia e per l’area anche nei peggiori scenari. La crisi però potrà avere ripercussioni più gravi se dovesse riaccendere negli investitori internazionali il timore che l’euro non sia irreversibile. In tal caso, sarà indispensabile un’azione di contrasto coordinata da parte delle autorità sia nazionali che europee. Intanto, di fronte a una situazione oggettivamente difficile serve una chiara prospettiva di un accordo politico su un programma che annulli il rischio di insolvenza per la Grecia”.
In merito è intervenuto anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Accanto a un cantiere per la Grecia serve un cantiere per l’Europa e l’Italia è in prima fila per entrambi i cantieri. La crisi Greca ha posto il problema di come aiutare quel Paese non soltanto a restare nell’euro ma come tornare a crescere in modo sostenibile e con la creazione di occupazione. In questi giorni abbiamo assistito alla profonda necessità di accelerare il processo di integrazione nell’area dell’euro e dell’Europa in senso più generale”. Il ministro ha voluto sottolineare il concetto che le difficoltà di un singolo Paese (in questo caso la Grecia) non possono minare la stabilità dell’Unione europea, ma piuttosto siano d’occasione stabilire stretti rapporti di collaborazione in modo tale che: “Se uno Stato membro si trova in una posizione finanziariamente insostenibile deve essere possibile arrivare a una soluzione in modo rapido e ordinato”.
Riprendendo le parole del governatore di Bankitalia e analizzando gli ultimi dati fornitici dall’Istat, riscontriamo che le parole di Visco “non fanno una piega”; infatti, dopo due anni di calo, si sono registrati i primi segnali di ripresa della spesa delle famiglie italiane. Nel 2014 la spesa media mensile per famiglia in risulta sostanzialmente stabile e pari a 2.488,50 euro, +0,7% rispetto al 2013. Tra il 2013 e il 2014 la spesa media mensile è rimasta sostanzialmente invariata in termini reali, tenuto conto dell’andamento dei fitti figurativi (-0,8%) e della dinamica dei prezzi (+0,2%) che hanno determinato una sostanziale stabilità del potere d’acquisto.
Si è riscontrato un miglioramento anche nel settore alimentare, infatti è sceso il numero di famiglie che riducono la quantità o la qualità dei prodotti alimentari acquistati (dal 62% al 59%. Il livello di spesa alimentare è rimasto complessivamente stabile (in media 436,06 euro al mese), ma continua la diminuzione della spesa per carne (da 99,64 nel 2013 a 97,20 euro nel 2014), che si accompagna a quella per oli e grassi (da 15,16 a 13,79 euro) e per bevande analcoliche (da 20,61 a 19,66 euro), mentre aumenta la spesa per piatti pronti e altre preparazioni alimentari (da 9,52 a 10,5 euro). Stabile anche la spesa per beni e servizi non alimentari (2.052,44 euro in media al mese).
Ad essere in difficoltà sono ancora i giovani: le coppie sotto i 35 anni hanno una spesa inferiore (di circa 100 euro) delle coppie che superano i 65 anni. I livelli di spesa più bassi per le coppie giovani segnano una spesa inferiore a quella delle coppie con persona di riferimento di 64 anni e oltre (di circa 100 euro).
Le famiglie composte solamente da stranieri spendono mediamente 1.644,72 euro al mese, 900 euro in meno delle famiglie di soli italiani. Restano, infine, le tradizionali differenze territoriali nelle spese medie delle famiglie tra Centro-Nord e Mezzogiorno, con valori massimi osservati in Trentino-Alto Adige (3.073,54 euro) e in Emilia-Romagna (2.883,27 euro) e valori minimi per la Calabria (1.757,82 euro) e la Sicilia (1.778,86 euro). Si tratta di una differenza tra i valori medi che assume un massimo pari a 74,8%.