Svetlana Alexievich, premio Nobel per la letteratura 2015

Scrittrice e saggista, metà ucraina e metà bielorussa, ha vinto il prestigioso riconoscimento per la sua “opera polifonica, un monumento al coraggio e al dolore della contemporaneità”. Dedica il premio alla Bielorussia, “schiacciata dalla storia” e non risparmia uno critica al presidente russo Putin

nobel letteraturaStoccolma, 9 ottobre – Il premio Nobel 2015 per la Letteratura è stato assegnato alla scrittrice e giornalista bielorussa Svetlana Aleksievic. L’Accademia Reale Svedese l’ha scelta per la “sua polifonica scrittura nel raccontare un monumento alla sofferenza e al coraggio dei nostri tempi”. “Fantastico è stato il suo primo commento” – ha detto Sara Danius, neo segretario permanente dell’Accademia. Poi, in una breve telefonata con lil network Stv ha ringraziato la Svezia perché “comprende il dolore russo”. Far raccontare a donne e uomini, vittime e carnefici, un dramma corale, quello delle “piccole persone” coinvolte dalla “Grande Utopia” comunista, che ha segnato la storia dell’Urss-Russia per settant’anni, con conseguenze morali che giungono fino a oggi: è questo il cuore del lavoro letterario della 67enne scrittrice, cronista e saggista.

Saggista e giornalista, nata in Ucraina e cresciuta in Bielorussia, in esilio volontario a Parigi dal 2000, era proprio lei la favorita dei bookmakers. Ha narrato nei suoi libri il dramma collettivo del crollo dell’Unione Sovietica e del suo mito imperialista, da “Incantati dalla morte al suo ultimo Tempo di seconda mano”: racconto della nascita di una “nuova Russia”, dopo una popolare e corale “buonanotte al signor Lenin”. Un mosaico di umanità che ritrae la fine del comunismo, ma non solo: la guerra in Afghanistan in “Ragazzi di zinco”, la tragedia nucleare dell’Ucraina in “Preghiera per Cernobyl”.

Malvista dal regime del presidente Aleksandr Lukašenko i suoi libri sono banditi nella sua patria d’origine. Oggi ha definito “un’occupazione, un’invasione straniera” l’intervento russo in Ucraina. Nei suoi racconti la Aleksievich resituisce fedelmente il senso della storia e dei suoi protagonisti: la vita, lo scenario, l’atmosfera domestica, il contesto. Dà loro voce direttamente, quasi scomparendo dietro le virgolette di centinaia di interviste e conversazioni. Già candidata nel 2013 al Nobel per la Letteratura, lo ha vinto a pochi giorni dalle nuove elezioni presidenziali in Bielorussia, ad esito scontato – sarà riconfermato Lukashenko, ma a rischio di una nuova ondata di repressione nei confronti della pur debole opposizione.

La Alexievich, classe 1948, padre bielorusso e madre ucraina è molto amata nei circoli letterari, la scrittrice bielorussa essendo tra i favoritissimi della vigilia aveva scritto sul suo profilo Twitter già due ore prima dell’annuncio da Stoccolma di essere stata contattata per il prestigioso riconoscimento: “Mi hanno chiamata adesso dalla Svezia per dirmi che mi hanno dato il Nobel. Sono felice, molto felice. Grazie”.

“Mi sono subito sentita circondata da grandi ombre, come Bunin o Pasternak, è un sentimento da un lato fantastico e dall’altro inquietante” queste le prime parole della scrittrice. Nel pomeriggio la conferenza stampa a Minsk in cui ha denunciato di essere boicottata dal potere bielorusso: “Fanno finta che io non ci sia, non pubblicano i miei libri, non posso fare discorsi da nessuna parte, non mi ricordo che la tv bielorussa mi abbia fatto una chiamata, neppure il presidente bielorusso”. Poi ha aggiunto: “Mi piace il mondo russo della letteratura e della scienza ma non rispetto il mondo russo di Putin e di Stalin”. Aleksievic ha detto di non considerarsi una barricadera ma “i tempi ci trascinano verso le barricate perché quello che sta avvenendo è vergognoso”. Ha definito l’intervento russo in Ucraina “un’occupazione, un’invasione straniera” e ha spiegato che probabilmente non voterà alle presidenziali di domenica prossima, dove Lukashenko si presenta per un quinto mandato, ma che se dovesse farlo darà la sua preferenza alla candidata dell’opposizione Titiana Karatkevich. Alla domanda su come utilizzerà i soldi del Nobel la scrittrice ha risposto: “Non ci ho ancora pensato. Comunque i soldi li uso in un solo modo, compro la libertà. Non è un premio per me, ma per la nostra cultura, per il nostro piccolo paese, che è stato messo nel tritacarne della storia”.

Svetlana, ha iniziato la sua carriera come insegnante e poi come giornalista, studiando all’Università di Minsk tra il 1967 e il 1972, prima di sentire l’esigenza di scavare dentro i lati più oscuri della storia del suo Paese, denunciando i danni che le guerre hanno lasciato nella psicologia delle persone.

Altri nomi in lizza fino a oggi erano quelli degli statunitensi Joyce Carol Oates e Philip Roth e il keniano Ngugi wa Thiong’o. C’erano anche gli italiani Umberto Eco e Dacia Maraini. Dal 1901, primo anno in cui fu assegnato il premio (al francese Sully Prudhomme), solo 13 del 111 vincitori sono state donne. Nel 2013 ha vinto la canadese “dei racconti brevi”, Alice Munro. Il Nobel dello scorso anno è andato invece al francese Patrick Modiano. Oltre che sulla Oates e su Roth, gli scommettitori puntavano quest’anno sull’autore giapponese, già molto popolare, Haruki Murakami, sul norvegese Jon Fosse e sull’irlandese John Banville. Resta Dario Fo l’ultimo italiano che ha vinto il più prestigioso premio letterario mondiale, preceduto da Giosuè Carducci, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale e dall’unica donna, Grazia Deledda. A febbraio di ogni anno l’Accademia compila una lista segreta di nomi proposti da un esclusivo gruppo che comprende professori di letteratura ed ex vincitori del premio. Quest’anno la lista comprendeva 220 nomi. A maggio la lista viene ridotta a cinque scrittori, i cui lavori vengono studiati durante l’estate dai membri dell’Accademia. Il vincitore viene tradizionalmente annunciato a metà ottobre e la cerimonia si tiene invece il 10 dicembre.

Già assegnati i premi per la medicina, la fisica, la chimica, oggi sarà assegnato quello per la Pace, il 96°; sono molti i nomi che circolano: Papa Francesco o Angela Merkel, l’Unhcr o la sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini. Ma anche il presidente della Colombia Juan Manuel Santos e il leader delle Farc Timoleon Jimeez, il medico congolese Denis Mukwege. Nei giorni scorsi molto chiacchierata è stata la probabile assegnazione ad Angela Merkel. I suoi stessi concittadini non hanno apprezzato la nomination, secondo un sondaggio pubblicato oggi dall’Handeslblatt, infatti, il 61% dei tedeschi crede che la cancelliera non sia una candidata adeguata al premio. Per i bookmakers rimane sul podio Papa Francesco. A seguire la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican) e don Mussie Zerai, l’angelo dei profughi. In testa anche il medico congolese Denis Mukwege e il quotidiano russo Novaya Gazeta, il giornale per cui lavorava Anna Politkovskaja.

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