Il vicepresidente della Camera aveva sollevato il caso e accusato il governo. Renzi: “Misero e meschino”
Il comportamento del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio è “misero e meschino”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parlando al congresso dei Giovani Democratici. La polemica nasce dal fatto che Di Maio ha accusato il Governo di aver bloccato il fondo alle vittime di mafia. Fondo bloccato solo per quanto riguarda i rimborsi per le spese legali alle associazioni antimafia e non ai parenti vittime di mafia, come ha spiegato il sottosegretario Domenico Manzione, rispondendo venerdì scorso alla Camera a un’interrogazione dello stesso Di Maio. Manzione ha spiegato che i rimborsi per le spese legali alle associazioni antimafia sono bloccati in attesa di una pronuncia del Consiglio di Stato. Il parere del Consiglio di Stato è stato chiesto dal commissario straordinario perché negli ultimi due anni le richieste di rimborso da parte di queste associazioni – ha spiegato Manzione al quotidiano Il Mattino – hanno superato quelle delle vittime di mafia. Il Consiglio di Stato – ha aggiunto Manzione – ha rilevato che la mancanza di richiesta di accreditamento per le associazioni per le vittime di mafia, prevista invece per racket e usura, costituisce un problema”.
La polemica è nata in seguito al fatto che durante le celebrazioni dell’anniversario della morte di don Peppe Diana, parroco della diocesi di Aversa ucciso il 19 marzo del ’94, Di Maio aveva scelto di non partecipare al rito istituzionale e aveva deposto sulla tomba del parroco una lettera. “Caro don Peppe – è scritto – ti hanno ucciso un’altra volta. Non sono stati camorristi, ma premier, sottosegretari e ministri”. “Il Governo Renzi ha bloccato i fondi per risarcire i familiari delle vittime di mafia – si legge ancora –. Chi ha trovato il coraggio di denunciare la camorra non riceverà neanche il sostegno per le spese legali. Oggi è una passerella di ipocriti. A Palazzo Chigi hanno scelto da che parte stare, purtroppo non la tua”.
Parole dure a cui aveva subito risposto il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. “Di Maio mente sapendo di mentire. Non c’è stato nessun taglio ai fondi alle vittime di mafia. Come è noto, il fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso si autoalimenta durante il corso dell’anno in base alle richieste che arrivano e che vengono valutate da un’apposita commissione. Lo ribadisco, non c’è stato nessun taglio e i numeri lo dimostrano: per il risarcimento delle vittime di mafia nel corso del 2015 è stato deliberato un importo complessivo di 56,520.287,46 milioni con un incremento del 55% rispetto all’importo erogato nel 2014 pari a 36.441.741,93 milioni. Si stanno invece definendo – aveva aggiunto il ministro Boschi – criteri più rigidi per l’erogazione dei rimborsi delle spese legali alle associazioni delle vittime della mafia analogamente a quanto già avviene per le vittime dell’usura per le quali sono tenute appositi elenchi vigilati”. Di Maio però non aveva parlato di tagli come ha fatto la Boschi, ma di blocco del fondo.
Fatto sta che i democratici in blocco hanno chiesto le dimissioni di Di Maio da vicepresidente della Camera, perché quest’ultimo avrebbe “mentito”. Renzi si è dimostrato poco incline ad evitare la polemica politica su un tema così serio e ha accusato Di Maio di essere “meschino” e di “strumentalizzare i martiri”. Mentre Di Maio ha fatto appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché oggi 21 marzo, giorno in cui si ricordano le vittime di mafia, richiami l’attenzione sul tema del blocco del fondo.
Stamane lo stesso Di Maio ha aggiunto: “Le critiche di Renzi fanno parte della polemica politica. I fatti parlano chiaramente. Ci sono 497 richieste inevase dal fondo ed un commissario che si è dimesso circa un mese fa. Quindi io ho detto tutta la verità. Tutto il resto – ha concluso – fa parte della polemica politica ma io voglio andare all’obiettivo”.