Un marchingegno di statura machiavellica per spillare soldi alle risorse del Paese si propone con il nobile (e ovviamente usurpato) titolo di “opere incompiute”
In vetta agli scialacquatori c’è saldamente la Sicilia con 113 cantieri aperti e mai chiusi, il totale nazionale di opere incompiute è di 838. La Campania, seconda in classifica, ha operato per ridurre le sue quote scandalose di inadempienza e le infrastrutture portate a compimento sono state 90, contro le dodici in precedenza. In Puglia, terza, conclusi i lavori di 91 cantieri, contro gli 81 di un anno prima.
Sovrasta ogni altra opera non realizzata la bonifica e la riqualificazione dell’area industriale di Bagnoli, area ovest di Napoli: centinaia di milioni di euro bruciati da gestioni scandalose del nulla. Non è da meno il cantiere eterno della Città dello Sport di Roma, costato finora oltre seicento milioni di euro. Cosa ne resta, oltre al degrado della zona? Lo scheletro della “Vela” disegnata dallo spagnolo Calatrava. Un altro ignobile esempio di sprechi è l’Idrovia Venezia-Padova, canale navigabile di 27 chilometri per collegare le due città venete. Avviata nel 1963, l’opera è in stallo da anni, il completamento supposto e per il 2020, le risorse necessarie oltre 600 milioni di euro. Non meno vergognoso il costo della diga di Gimigliano, nel catanzarese, più grande cantiere del Sud. I lavori a singhiozzo sono costati finora 260 milioni di euro per il 13 percento di lavori eseguiti.
Fa tremare di paura l’idea che i governi in carica o che chi li seguirà taglino il nastro augurale del Ponte sullo Stretto: toccherebbe ai nostri pronipoti assistere alla conclusione dei lavori e quanti miliardi di euro sarebbe destinato a ingoiare l’opera faraonica?