È stato definito, forse in modo riduttivo, la nuova frontiera dei viaggi a basso costo, ma per quanto sia un sistema molto economico di visitare il mondo, “Couchsurfing“, ovvero “spostarsi rapidamente da un divano all’altro” è un modo di viaggiare sopra le convenzioni per creare scambi culturali e condividere esperienze. Sei un ospite oppure dai ospitalità mettendo a disposizione il divano della tua casa a titolo completamente gratuito con la voglia di dare ed avere fiducia e fare nuove conoscenze.
Il Progetto, nato per caso nel 2003, è da sempre sostenuto soltanto da libere donazioni di membri e persone non iscritte. Casey Fenton, un giovane studente d’informatica decise di proseguire, anche senza soldi, il suo viaggio in Islanda. Primo passo, ricercare alloggi mediante l’invio di 1500 e-mail destinate ad altrettanti sconosciuti studenti dell’università di Reykjavik, contenuto: la richiesta di ospitalità.
L’ondata di risposte affermative fu al di sopra delle aspettative e questo consentì al protagonista del “viaggio a costo zero” di realizzare il suo scopo. Per la prima volta nella storia, grazie alla disponibilità di giovani studenti, Fenton riuscì ad organizzare un viaggio itinerante fatto di inviti e pernottamenti sui divani. È stato questo l’inizio di una nuova corrente: “couchsurfing”, una delle più rivoluzionarie forme di turismo, un modo di esplorare il mondo lontano dagli schemi tradizionali.
Un’esperienza prodromica quella di Casey Fenton che, grazie all’evoluzione del web, da statico a dinamico, (l’attuale 2.0), ha dato vita ad uno dei primi siti di social networking influenzando, sicuramente, il mondo di tutti i viaggiatori. Oggi il fenomeno sociale conta 5,6 milioni di accessi al portale e 4 milioni sono i “couchsurfer” ufficialmente iscritti su couchsurfing.com, la più grande community on-line per scambiarsi ospitalità.
Per entrare in questa comunità che, sempre più sta diventando uno stile di vita, è necessario registrarsi nel sito internet ufficiale compilando i campi dedicati all’anagrafica. Ogni utente ha una pagina dove sono raccolti i propri dati, un profilo completo di fotografia, mediante il quale è possibile indicare, oltre le generalità, i propri interessi, le passioni e le aspettative sul tipo di persone che si vorrebbero incontrare.
È possibile offrire ospitalità, senza limiti di tempo, a costo zero rendendo disponibile, a casa propria, un divano, un giaciglio di fortuna, il sacco a pelo o addirittura un posto in giardino per la tenda. L’ospitalità non è reciproca, non è necessario la scambio di posti letto, basta anche contraccambiare con un caffè, una cena, oppure raccontando una storia. Fondamentale è alimentare l’interazione e realizzare un baratto di carattere umano basato sulla fiducia e finalizzato a costruire nuove amicizie.
Tutto funziona e cresce grazie alla vincente regola del passa parola e “passa contatti” in rete. Ma questi “nuovi turisti”, sempre più numerosi, viaggiatori nel nostro tempo il cui cammino inizia mettendo radici nel web, decisamente giovani, avventurosi, con la voglia far chilometri, di conoscere e capire il mondo attraverso contatti umani, sono un’alternativa ad un’offerta turistica che non si sta rinnovando oppure una diretta conseguenza della crisi economica?
Leggendo le cifre del movimento, in continuo aumento, il pensiero corre verso le strutture ricettive convenzionali e la perdita di clienti se questo fenomeno continuasse a crescere. Certo la vocazione di base del progetto non è quella di fare affari, ma diffondere lo scambio culturale a tutti i livelli: ma in fondo non è questo l’embrione da cui si genera e rigenera il turismo?
Probabilmente la capacità di spesa di questi passeggeri è limitata e la possibilità di contenere i costi è un incentivo, ma quello che più spicca è la ricerca della novità, sono pellegrini in cerca di dialogo e comunicazione fra culture diverse, interessati alla costruzione e la cura di nuovi legami sociali convinti che la globalizzazione possa diventare una forza fatta di conoscenza, scambio, rispetto e accoglienza.
Per questo, forse, sfuggono comunque ai soliti schemi standardizzati, ad una promozione turistica tradizionale frequentemente scollegata dal contesto che offre servizi, ma spesso non si colloca tra le maglie di un tessuto così vario. I sistemi turistici locali non hanno ancora creato delle reti sociali che possono essere le basi di studi interculturali.
Non ci sono mappature per ogni segmento di utenti, la categoria sopra indicata, è di fatto assente ed invece sarebbe interessante se questa forma di turismo fosse approfondita anche dagli Enti di settore locali. In fondo sostenere “le nuove leve” di passeggeri sarebbe un segno di grande progresso verso il turismo stesso. Non parliamo di affari, di budget e bilanci, ma di stimoli, apertura e diffusione della cultura.
Perché, come recita lo slogan del movimento dei couch surfer, “Il mondo è più piccolo di quel che pensi“.