L’articolo 24 della Costituzione italiana disciplina il diritto di difesa e stabilisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, statuendo inoltre che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e che lo Stato assicura ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
Per capire se il diritto di difesa abbia oggi effettività è necessario iniziare ad interrogarsi su quanto cosa il suo esercizio almeno in sede civile, ovvero su quanto costa avviare una causa civile, amministrativa, tributaria o del lavoro.
Anzitutto bisogna considerare che per iniziare un giudizio è necessario pagare una tassa, il cosiddetto contributo unificato, dovuto per ciascun grado di giudizio il cui valore cambia a seconda del valore della domanda, da un minimo di euro 37,00 fino ad un massimo di euro 1.466,00.
Negli ultimi due anni infatti, con le manovre d’estate del 2010 e del 2011 e poi con la finanziaria del 2011 (per l’anno 2012), i costi relativi alle spese di giustizia hanno subito ben tre aumenti, tanto che qualcuno ha iniziato a pensare che la Giustizia stia diventando un servizio per pochi eletti.
Infatti, oltre al rincaro dei contributi unificati e delle marche da bollo occorrenti per i diritti di copia (quelli che tanti anni fa si chiamavano “marche cicerone”), è stato introdotto l’obbligo di pagamento del contributo unificato anche per cause che in precedenza ne erano esenti. Oggi infatti si paga per ottenere giustizia nelle cause di lavoro e previdenziali che da sempre erano da bollo per motivi di giustizia sociale.
E’ stato introdotto il pagamento del contributo unificato nei ricorsi di opposizione alle sanzioni amministrative, nei ricorsi tributari e nelle cause di separazione e divorzio. Inoltre il contributo unificato per le cause di appello è aumentato della metà del valore del contributo pagato in primo grado, mentre in Cassazione addirittura è raddoppiato.
Gli aumenti sono stati varati nella quasi indifferenza generale e nel silenzio dei mezzi d’informazione. Se ne parla poco anche nel dibattito sui mali della giustizia. Si parla di ridurre il numero e i tempi dei processi ma non si dice che la giustizia è diventata un bene di lusso e che, andando avanti così, le riforme in questione renderanno il servizio giustizia un servizio utilizzabile solo dai soggetti economicamente forti.
Questa considerazione nasce dal fatto che la legge sul patrocinio a spese dello Stato prevede un tetto molto basso di reddito come requisito di accesso, (11.000,00 euro annui nel complesso del nucleo familiare) che ne rende difficile la fruibilità in un periodo storico in cui anche un reddito familiare di euro 13.000,00 rasenta la soglia della povertà.
Ne deriva che un cittadino che guadagna, poniamo 13.000 mila euro l’anno, non può accedere al gratuito patrocinio e deve pagare tutte le spese, sia di contributi unificati sia di patrocinio del legale.
I primi aumenti del 2010 furono giustificati, con la necessità di acquisire fondi per l’assunzione di nuovi magistrati ordinari.
In materia di ricorsi amministrativi, nei confronti delle Pubbliche amministrazioni i contributi unificati sono davvero elevati se si pensa che il ricorso per mancato rispetto del termine di accesso agli atti amministrativi costa 300,00 euro, laddove prima era esente. In pratica un cittadino che ha diritto di accesso agli atti che lo riguardano della P.A., in caso di rigetto o di silenzio dell’Amministrazione alla quale è stata presentata la richiesta, deve ricorrere al Tar pagando, solo di marca da bollo 300,00 euro.
Se una Pubblica Amministrazione non adempie ad un obbligo di pagamento stabilito in una sentenza, il cittadino creditore, in alternativa al pignoramento (che spesso sfocia con una dichiarazione di impignorabilità dei fondi della P.A.) dovrebbe avviare un giudizio di ottemperanza che costa, all’atto dell’iscrizione a ruolo, 300,00 euro di contributo unificato.
Ai costi per contributi e bolli si aggiungono le spese per il compenso dell’avvocato che spesso si trova in difficoltà a chiedere un acconto superiore a quello dei costi vivi, laddove il cliente che chiede giustizia, è un soggetto monoreddito che non ha i requisiti per l’accesso al gratuito patrocinio.
Questo è uno dei tanti motivi di malcontento degli avvocati italiani che in questo periodo di aumenti dei contributi e tagli alle tariffe professionali devono fronteggiare il problema di lavorare inizialmente senza compenso, nei casi in cui l’ammontare dovuto per il contributo unificato sia equivalente ad un terzo (se non addirittura superiore) dello stipendio del cliente che chiede giustizia.
l’avvocato, però, non rappresenta la massa dei cittadini. al più rappresenta, solo giurisdizionalmente, il singolo cittadino proprio cliente. succede, quindi, che se proclamiamo che la giustizia è diventata cosa da ricchi (si badi, RICCHI, non borghesi e men che mai piccoli borghesi, perché costoro, per la giustizia italiana sono già poveri ma non tanto da acceder al gratuito patrocinio)tutti, compreso i giornali, dicono che noi siamo casta, stiamo difendendo i ns. interessi da evasori fiscali. orbene, è giunto il momento che il cittadino si accorga da solo di quanto ai suoi danni un governo classista sta loro impacchettando. anche a qualche giornalista, non tutti ricchi come i loro direttori, capiterà prima o poi di aver bisogno del servizio giustizia. quel servizio lo obbligherà a svenarsi di danaro fra mediconciliazione, contributo unificato e costi di avvocato, senza la certezza di essere, poi, giudicato con giustizia ed equità non potendo ricorrere neanche al secondo grado di giudizio. di più, se questo giornalista è abitante di un piccolo centro, dovrà recarsi lontano da esso per richiedere il servizio per il quale già paga le tasse con il 50% del proprio reddito. se, allora, l’avvocato non rappresenta i cittadini, i giornali ed i giornalisti che informazione, quella vera, fanno, dovrebbero, per lo meno, porli sull’avviso. in mancanza la morte di questo paese è già avviata. la severino e monti ne hanno spinto il bottone del conto-alla-rovescia.
l’avvocato, però, non rappresenta la massa dei cittadini. al più rappresenta, solo giurisdizionalmente, il singolo cittadino proprio cliente. succede, quindi, che se proclamiamo che la giustizia è diventata cosa da ricchi (si badi, RICCHI, non borghesi e men che mai piccoli borghesi, perché costoro, per la giustizia italiana sono già poveri ma non tanto da acceder al gratuito patrocinio)tutti, compreso i giornali, dicono che noi siamo casta, stiamo difendendo i ns. interessi da evasori fiscali. orbene, è giunto il momento che il cittadino si accorga da solo di quanto ai suoi danni un governo classista sta loro impacchettando. anche a qualche giornalista, non tutti ricchi come i loro direttori, capiterà prima o poi di aver bisogno del servizio giustizia. quel servizio lo obbligherà a svenarsi di danaro fra mediconciliazione, contributo unificato e costi di avvocato, senza la certezza di essere, poi, giudicato con giustizia ed equità non potendo ricorrere neanche al secondo grado di giudizio. di più, se questo giornalista è abitante di un piccolo centro, dovrà recarsi lontano da esso per richiedere il servizio per il quale già paga le tasse con il 50% del proprio reddito. se, allora, l’avvocato non rappresenta i cittadini, i giornali ed i giornalisti che informazione, quella vera, fanno, dovrebbero, per lo meno, porli sull’avviso. in mancanza la morte di questo paese è già avviata. la severino e monti ne hanno spinto il bottone del conto-alla-rovescia.
l’avvocato, però, non rappresenta la massa dei cittadini. al più rappresenta, solo giurisdizionalmente, il singolo cittadino proprio cliente. succede, quindi, che se proclamiamo che la giustizia è diventata cosa da ricchi (si badi, RICCHI, non borghesi e men che mai piccoli borghesi, perché costoro, per la giustizia italiana sono già poveri ma non tanto da acceder al gratuito patrocinio)tutti, compreso i giornali, dicono che noi siamo casta, stiamo difendendo i ns. interessi da evasori fiscali. orbene, è giunto il momento che il cittadino si accorga da solo di quanto ai suoi danni un governo classista sta loro impacchettando. anche a qualche giornalista, non tutti ricchi come i loro direttori, capiterà prima o poi di aver bisogno del servizio giustizia. quel servizio lo obbligherà a svenarsi di danaro fra mediconciliazione, contributo unificato e costi di avvocato, senza la certezza di essere, poi, giudicato con giustizia ed equità non potendo ricorrere neanche al secondo grado di giudizio. di più, se questo giornalista è abitante di un piccolo centro, dovrà recarsi lontano da esso per richiedere il servizio per il quale già paga le tasse con il 50% del proprio reddito. se, allora, l’avvocato non rappresenta i cittadini, i giornali ed i giornalisti che informazione, quella vera, fanno, dovrebbero, per lo meno, porli sull’avviso. in mancanza la morte di questo paese è già avviata. la severino e monti ne hanno spinto il bottone del conto-alla-rovescia.