Divorzio: perdita del cognome maritale

avvocatoL’avvocato risponde

Dopo il divorzio, la mia ex moglie continua ad utilizzare in modo assolutamente inconsulto il mio cognome. Circostanza che sta generando notevoli disagi soprattutto alla mia attività professionale, poiché la mia ex conduce una vita disordinata che sta gettando discredito alla mia immagine. Ci sono rimedi per inibire l’uso del mio cognome?

Giuseppe N.

Gentilissimo lettore, con il divorzio la ex moglie perde il diritto all’uso del cognome maritale. La perdita del cognome è un effetto personale ed automatico,  poiché venendo meno la ragione che a suo tempo ne giustificò l’acquisto, ossia il matrimonio, quella perdita ne è il logico corollario, e a tal fine non occorre un provvedimento giudiziale. Tuttavia la donna potrebbe avere un interesse all’uso del cognome maritale, ma tale interesse va coordinato con l’interesse di pari dignità del marito a non veder utilizzato il proprio cognome in modo improprio, tale da arrecargli un pregiudizio, non solo al decoro, alla reputazione e all’onore, ma ad ogni altro profilo morale ed economico, nonché anche alla riservatezza.

Nonostante la cessazione della perdita del cognome maritale sia automatica, secondo la Suprema Corte è opportuno che il divieto all’uso del cognome sia contenuto esplicitamente nella sentenza di divorzio, poiché, altrimenti, l’ex marito non potrebbe agire per l’esecuzione forzata di detto divieto. Infatti, l’ex coniuge, in ipotesi di indebito uso del proprio cognome da parte della ex moglie, potrà domandare giudizialmente sia la cessazione dell’atto lesivo, sia il risarcimento del danno. Relativamente alla azione inibitoria, è necessario che venga dimostrato oltre l’uso illegittimo del cognome coniugale, anche la possibilità che da tale uso derivi al marito un pregiudizio, anche meramente potenziale, ovvero soltanto morale.

Con riguardo all’azione risarcitoria, invece, dovranno sussistere i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall’art. 2043, c.c., ossia dell’illecito da responsabilità extracontrattuale. La giurisprudenza di merito ha poi precisato che, laddove il pregiudizio sia di natura non patrimoniale, la domanda di risarcimento potrà essere accolta solo nell’ipotesi in cui sia configurabile un illecito penalmente sanzionato. Così, ad esempio il “mero turbamento interiore”, che può derivare all’ex marito dall’uso indebito del suo cognome da parte della ex moglie non può trovare autonoma rilevanza. Analogamente dicasi riguardo al cosiddetto danno alla vita di relazione.

Invece, nel caso in cui la sentenza che ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio abbia autorizzato l’ex coniuge a conservare il cognome del marito, facoltà riconosciuta alla donna dall’art.  5, c. 3, legge sul divorzio, quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela, entrambi gli ex coniugi sono legittimati a chiedere, per motivi di particolare gravità, che l’autorizzazione giudiziale sia revocata o modificata con successiva sentenza.

Pertanto, in relazione alle due diverse fattispecie appena esposte, soltanto consultandosi con il suo legale di fiducia potrà valutare se, principalmente, sussistono i requisiti per l’inibitoria o per la  revoca della autorizzazione, e di conseguenza mettere in atto la migliore strategia processuale per far cessare la condotta posta in essere dalla sua ex moglie.

Avvocato Angela Natale

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