Se il Giappone sta peggio dell’Italia ma è giudicato meglio dai mercati

giapponesiMi hanno girato qualche giorno fa un articolo di Jim O’Neill, attualmente capo di tutto l’Asset management di Goldman Sachs ed ex capo economista della stessa banca.

Jim, che ho incontrato nei miei anni a Goldman, è un economista  molto amato e straconosciuto anche in Italia (è l’inventore della  parola BRICs) perché parla “come mangia” e quindi la gente lo capisce e perché non ha strani “conflitti d’interesse”  (la sua vera passione è il Manchester United, altro che l’economia…).

Jim nelle sue “idee per  il 2012”ha scritto un pezzo dal titolo auto-esplicativo: “Europe needs Growth not more Austerity”, dice qualcosa che nel team di Advise Only ci chiediamo da un bel po’ e, credo, non solo noi:

Ma perché il Giappone che ha un rapporto debito/PIL intorno al 220% riesce a piazzare il suoi titoli decennali ad un tasso d’interesse intorno all’1% e l’Italia con un rapporto debito/PIL intorno al 120% è costretta a offrire il 6,5%?”

Prima di rispondere a questa domanda precisiamo che, per la prima volta da anni, molte autorevoli voci tra gli economisti (tra cui l’ottimo Jim O’Neill, appunto) e periodici come l’Economist con un bell’ articolo (ecco il link) cominciano a pensare che i tassi giapponesi, tra un paio d’anni, saranno se non a livelli italici comunque almeno intorno al 3,5%.

Ma torniamo al perché. Ecco le risposte:

  1. La questione fondamentale è che il 95% per cento del debito giapponese è in mano ai Giapponesi (in Italia gli Italiani detengono solo il 55% circa del debito).
  2. il Giappone ha una lunga storia, mai interrotta fin dagli anni ’80 del Novecento, di forte avanzo commerciale. Solo nel 2011, per la prima volta, si è registrato un disavanzo. Questo è stato conseguenza di fattori contingenti come il terremoto, l’aumentato del livello delle importazioni petrolifere a seguito dello stop al nucleare e soprattutto la forza dello Yen che ha negativamente condizionato l’export. Il saldo delle partite correnti è ancora leggermente positivo ma sono in diversi a pensare che questo sia un trend che durerà e che in 3-4 anni il Giappone avrà un disavanzo corrente.
  3. La progressiva diminuzione del tasso di risparmio da parte della popolazione giapponese che sta invecchiando sempre più.
  4. La riduzione dell’avanzo domestico e il passaggio a una situazione di deficit obbligherebbe il governo giapponese a collocare più debito presso investitori stranieri, i quali – data la concorrenza dei tassi europei – non si accontenterebbero dei livelli di rendimento attuali.

Considerando un ammontare di debito così grande, l’aumento dei tassi d’interesse anche di un solo punto percentuale rappresenterebbe per il Paese nipponico un raddoppio della spesa per interessi che renderebbe necessarie altre misure di aggiustamento strutturale per il controllo del deficit. Si innescherebbe così una spirale a noi ben nota.

Gli amici giapponesi sono simili a noi Italiani non solo per la propensione al debito pubblico e al risparmio privato, ma anche per il fatto di essere afflitti da molti anni da una crescita interna bassissima, che sembra difficile da stimolare.

La buona notizia è che l’imposizione fiscale in Giappone è così bassa che ci sarebbero ampi spazi per aggiustare la situazione aumentando le tasse, specie sui consumi. Naturalmente i vincoli sono politici, tanto è vero che il governo sta facendo una gran fatica in questi giorni per far passare un provvedimento che porti l’imposta sui consumi dall’1 al 5%.

Insomma, in molti pensiamo che siamo vicini al momento in cui le anomalie della situazione economica giapponese cominciano a venir fuori, soprattutto a livello dei suoi tassi di interesse.

Devo dire che con i nostri tassi al 6-6,5%  e le “bacchettate” che settimanalmente ci prendiamo da frau Merkel, vedere il Giappone che ha un debito due volte il PIL (la Greciaè al 145%) e d’altra parte, tassi d’interesse “tedeschi” un po’ di invidia me la fa… poi però ripenso alla reazione che hanno avuto i Giapponesi di fronte al disastroso terremoto, la loro compostezza, la disciplina, il coraggio. Provate a compararlo con certe scenette viste in  Parlamento o in certi talk show di casa nostra, pensate alla nostra disorganizzazione caotica e il nostro analfabetismo civico. Forse il premio al rischio che chiedono i mercati per il nostro Paese ha un suo fondamento.

Serena Torielli, www.adviseonly.com

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