Napoli 27 giugno – Il Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha presentato al Consiglio dei Ministri il decreto per alleggerire il sovraffollamento delle carceri, ricevendone l’approvazione.
Le condizioni delle carceri italiane erano state oggetto di una sentenza della Corte europea dei diritti umani, che ha condannato lo Stato Italiano ad una pena pecuniaria di 100 mila euro, in seguito alla richiesta di 7 detenuti italiani che vi si erano rivolti per far valere il loro diritto ad una detenzione dignitosa (vai all’articolo).
Con questo provvedimento si cerca di giungere a condizioni più dignitose di permanenza oltre alla messa in pratica di quelle misure alternative al carcere mantenendo il punto fermo sui reati per mafia e terrorismo che restano esclusi dalle applicazioni contenute.
Obiettivo del decreto: operare sia in fase di ingresso, che per lo svuotamento, adottando provvedimenti per chi è a piede libero quando arriva la sentenza definitiva, sia in uscita per chi è già detenuto, ma con un residuo di pena inferiore ai 4 anni.
Le misure alternative al carcere includono i lavori di pubblica utilità per tossicodipendenti condannati per reati minori o lavori all’esterno senza retribuzione come già avviene in Europa ed altre nazioni nel mondo. Sarà il magistrato a decidere, senza automatismi.
Le riforme penitenziarie italiane da trent’anni stabilivano che il carcere era solo una delle modalità per scontare la pena, ma si scontravano con la legge Cirelli che ne ostacolava le applicazioni in quanto includeva forti sbarramenti per i recidivi contribuendo al sovraffollamento. L’ex legge Cirelli del 2005, oltre a tagliare la prescrizione aveva tolto tutti i benefici ai recidivi eccetto alcune categorie come gli over 70 ammessi ai domiciliari qualunque fosse l’entità della pena, ma con esclusione di una serie di reati. L’elenco, fortemente voluto dal governo Berlusconi, includeva la prostituzione minorile ed escludeva la corruzione, reato che determinò il carcere per Cesare Previti.
Ai servizi sociali saranno affidati in prova i condannati a piede libero con pena non superiore ai tre anni, tranne che per reati di mafia, terrorismo, maltrattamenti in famiglia o stalking in danno di minori.
Ai domiciliari, evitando così il carcere per pena non superiore ai quattro anni, le donne in gravidanza o con figli minori di dieci anni. Inclusi anche i padri con figli minori di dieci anni se la madre è deceduta, i malati gravi, gli over 60 se parzialmente inabili, i minori di 21 anni per ragioni di salute, di studio e di famiglia. Non rientrano le condanne per mafie e terrorismo.
Per i tossicodipendenti prevista la possibilità di sospendere l’esecuzione della pena senza ingresso in carcere attraverso l’affidamento terapeutico per tutta la durata della pena, solo se non supera i sei anni.