Napoli, 30 novembre – A poche settimane dalla pubblicazione del dossier statunitense sulle acque contaminate della Campania, tiene ancora banco la querelle avviata con l’inchiesta di “L’Espresso”. Nello stesso giorno dell’uscita del settimanale che rivelava i risultati scioccanti delle analisi americane, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris non esitò a definire vergognosa la copertina del giornale: “E’ – aveva detto – un attacco premeditato contro Napoli, il titolo è diffamatorio. Quella copertina è peggio di un proiettile”, annunciando una richiesta di risarcimento danni da parte del comune, pari ad un miliardo di euro.
Il dossier, è bene ricordare, riporta i risultati inediti di una ricerca condotta dal comando americano di Napoli ed eseguita su campioni di acqua, cibo e terreni raccolti dal 2009 al 2011 su di un’area di oltre mille chilometri quadrati. Tale rapporto, che, in buona sostanza, afferma che l’acqua che scorre dai rubinetti di Napoli e provincia sarebbe pericolosa per la salute per la presenza di alte quantità di veleni, non è mai stato reso pubblico nonostante fosse stato trasmesso alle autorità italiane.
La questione, di alto impatto mediatico e di delicatissima trattazione, da qualche giorno ha riservato dei colpi di scena. In un’agenzia del 26 novembre scorso, da Palazzo San Giacomo sono giunte le rassicurazioni confortanti del sindaco che, a seguito di un incontro con il comandante della U.S. Naval Support Activity di Gricignano d’Aversa, Mr. Scott Gray, ha comunicato “il totale accordo in merito alla certezza della potabilità dell’acqua di Napoli, a difesa della quale l’amministrazione comunale si è subito schierata”. Lo stesso giorno il capitano Gray ha incontrato il presidente della provincia di Caserta, Domenico Zinzi, per uno scambio di informazioni sui dati dell’inquinamento della Terra dei Fuochi. Presenti al meeting anche l’assessore provinciale all’Ambiente, Paolo Bidello, ed il direttore generale della Provincia, Raffaele Picaro.
Nella sede di Corso Trieste è stato consegnato al presidente Zinzi il dossier incriminato, garantendo, contestualmente, la nascita di una stretta collaborazione tra la U.S. Navy e la Provincia di Caserta: i due enti, tramite i propri uffici, si scambieranno reciprocamente dati, informazioni e notizie riguardanti le questioni in materia ambientale, il tutto con l’obiettivo di dare, con uno sforzo sinergico, quante più rassicurazioni possibili ai cittadini della provincia di Caserta e al personale militare americano sulla salubrità dei terreni, delle acque e dei prodotti. Dal canto suo, la Provincia ha ribadito di aver avviato una massiccia attività di controllo e monitoraggio di tutti i pozzi esistenti sul territorio.
Insomma, sembrava configurarsi il classico finale a “tarallucci e vino”, ma oggi, a gettare benzina sul fuoco, ci ha pensato un’ulteriore inchiesta del “Corriere del Mezzogiorno” sulle condutture idriche di Napoli e provincia che, nella misura del 7% dell’intera rete, pare siano totalmente in eternit, materiale molto utilizzato nel dopoguerra, cui risalgono i condotti idrici in questione; pertanto, dai rubinetti delle case campane sgorgherebbe acqua contenente le fibre di amianto rilasciate nelle tubature a causa dell’usura delle stesse. Un ennesimo calice amaro da mandare giù.
Le condutture delle acque di mezzo mondo sono fatte in cemento amianto. La notizia è storicamente un dato ben conosciuto. A riprova di ciò sta il fatto che numerosissime ricerche di epidemiologia geografica furono condotte nel passato proprio per mettere in evidenza eventuali incidenze di tumori correlati alla distribuzione delle acque attraverso condutture i cemento amianto. La conclusione di tali ricerche è stata unanime nell’escludere una attività cancerogena dell’amianto disciolto nelle acque addote con tubazioni in cemento amianto. Solo le fibre aerodisperse hanno tale potere cancerogeno.