La Rete rurale nazionale ha reso noto il rapporto sulla spesa dei Programmi di sviluppo rurale (Psr), dal quale emergono tre dati significativi. Il primo è che nel corso del 2013 sono stati erogati contributi pari a 2,5 miliardi di euro, di cui circa 1,16 miliardi messi a disposizione dall’Unione europea. Il secondo dato riguarda la Regione Basilicata, l’unica regione in cui “non è stata raggiunta la quota minima di spesa stabilita dai regolamenti comunitari, e per questo potrebbe essere costretta a rinunciare a circa 6,8 milioni di euro di fondi europei”. In ultimo si evidenziano i dati sulla classifica nazionale per l’uso dei fondi, una sorta di elenco dei bravi e meritevoli e di quelli che tra difficoltà, incapacità gestionale e cattiva amministrazione sono finiti nella parte bassa della classifica. L’ultimo posto se lo aggiudica la Regione Campania amministrata dal Governatore Stefano Caldoro.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, ha commentato soddisfatta il risultato ottenuto sull’utilizzo dei fondi europei per gli investimenti per lo sviluppo rurale: “Il lavoro svolto nelle ultime settimane con le Regioni sui fondi comunitari di sviluppo rurale è stato intenso ed ha portato a risultati molto soddisfacenti. È stato recuperato gran parte del ritardo di spesa accumulato e ciò ha permesso di chiudere il 2013 con il minimo rischio di penalizzazioni finanziarie da parte della Commissione europea”.
La ministra di fatto è stata brava, in collaborazione con le Regioni e l’Agea (l’organismo pagatore nazionale), il suo ministero ha permesso l’erogazione dei fondi necessari per non perdere i finanziamenti della comunità europea. Certo è che in tanti mesi di lavoro, dal canto loro le Regioni si sono impegnate solo all’ultimo momento di stare nei patti con Bruxelles ed in pochi giorni sono stati erogati 500 milioni di fondi europei per lo sviluppo rurale a rischio disimpegno. In caso contrario l’Italia avrebbe dovuto dire addio ad un miliardo di euro. Un miliardo tolto all’agricoltura, uno dei motori pulsanti della nostra economia, una somma esorbitante la cui provenienza non è certamente il frutto della generosità della comunità europea, ma è il frutto della fatica e dell’impegno che ognuno di noi mette nel pagare le tasse per finanziare i fondi che l’Europa ridistribuisce.
La Regione Campania è il fanalino di coda italiano per gli investimenti in agricoltura, una situazione che in questo momento particolare per il settore rappresenta una penalizzazione non da poco. L’effetto boomerang delle dichiarazioni di Schiavone ed il caso Terra dei Fuochi, ha determinato un netto calo delle vendite di prodotti agroalimentari campani ed ha riempito la cronaca degli ultimi mesi, tra proteste degli agricoltori che chiedevano la certificazione di sicurezza dei terreni coltivati e le discriminazioni dalle aziende del Nord sui prodotti agricoli campani, come il caso della Pomì ci ricorda (vai all’articolo).
La Campania è ben lontana con il suo 56,67% di spesa realizzata da regioni del centro nord, in particolare la Provincia autonoma di Bolzano (con l’89,2% della spesa realizzata), seguita dalla Provincia di Trento, dalla Lombardia e dalla Valle d’Aosta (con percentuali di spesa superiori al 70% delle rispettive disponibilità), mentre le rimanenti Regioni del Centro Nord raggiungono una percentuale prossima alla media della spesa fatta registrare dal gruppo “Competitività” (67,45%).
Dietro la Campania c’è solo la Regione Basilicata, che di fatto non ha raggiunto l’obiettivo e molto probabilmente dovrà rinunciare a 6,8 milioni di euro dei fondi stanziati dall’Europa, anche se la Basilicata ha come attenuante il disastro ambientale dell’alluvione. Il ministro De Girolamo ha precisato che “le Autorità regionali hanno chiesto alla Commissione europea una deroga alla regola del disimpegno, a causa dei recenti ripetuti eventi alluvionali eccezionali che hanno avuto inevitabili ripercussioni sulle aziende agricole e quindi sulla loro capacità di realizzazione degli interventi previsti dal relativo programma di sviluppo rurale”.
“Un risultato che può sorprendere soltanto chi non ha seguito negli ultimi anni il lavoro di questo settore. Purtroppo, invece, per chi ha avuto modo di monitorarne le attività, questi risultati non sono affatto una novità, ma più semplicemente la triste conferma di una serie di problemi e di scelte attuate dal 2010 ad oggi e di cui ora paghiamo le conseguenze”. Lo ha scritto Andrea Cozzolino, europarlamentare Pd, nella sua pagina Facebook, in cui afferma tra l’altro che “con Caldoro l’agricoltura in Campania è diventata materiale residuale”. Cozzolino continua affermando: “Dico questo con l’amarezza di chi, da ex assessore regionale all’Agricoltura dal 2005 al 2009, ha avuto la fortuna e il privilegio di guidare una delle strutture amministrative più competenti ed efficienti dell’intera Regione Campania. Almeno fino a quel momento”.
Nella fretta di spendere i fondi europei, come la più distratta delle casalinghe che ha dimenticato di comprare il sale, una domanda è d’obbligo: le risorse disponibili saranno state ben impiegate?
Eppure la De Girolamo si ritiene ampiamente soddisfatta spiegando che le misure adottate hanno come obiettivo quello di privilegiare “interventi molto importanti, volti al sostegno del ricambio generazionale, di pratiche agricole ecocompatibili e di investimenti in settori strategici, sia aziendali, effettuati dalle varie imprese agricole, sia infrastrutturali, come quelli realizzati nel settore della bonifica e dell’irrigazione o finalizzati alla diffusione della connettività a banda larga nelle aree rurali.
In conclusione il ministro ha comunicato che entro il 31 luglio 2014 dovranno essere indicate a Bruxelle le scelte future dell’Italia in materia di politica agricola.