Istituzione antichissima, il complesso dell’Annunziata accoglieva gli indesiderati partenopei
Esposito, Esposti, Degli Esposti: ancora oggi questi cognomi fanno pensare a Napoli e ai napoletani. Non c’è partenopeo che non abbia un antenato o un congiunto con questo cognome di particolare interesse storico, in quanto se ne conosce il giorno preciso di origine, ossia il 1° gennaio 1623. È a quella data, infatti, che risale il primo Esposito a Napoli come risulta dal documento ufficiale che registra un Fabrizio Esposito, di anni due, presso l’ospedale dell’Annunziata di Napoli.
Nel ‘600, il Complesso dell’Annunziata, fondato nel XIV secolo da una Congregazione della Santissima Annunziata, si prodigava per evitare il fenomeno dell’infanticidio o dell’abbandono dei neonati, rappresentando uno dei più importanti ospedali ed enti assistenziali della città, sostenuto in parte dalle offerte del popolo. Questo elemento preciso ci lascia intendere quanto fosse ritenuta preziosa ed indispensabile la presenza di questa istituzione per i napoletani.
L’elemento che più di tutti ha reso celebre l’ente è la “Ruota degli esposti“. Alcune vicissitudini ne avevano distrutto l’aspetto originario, frutto della maestria di Vanvitelli. Essa ci narra di una storia interessante, intrisa di drammi umani ma anche di tanta generosità popolare.
Posta in corrispondenza di una buca esterna all’edificio, la “ruota” era il luogo deputato per l’abbandono di figli indesiderati o nati in famiglie troppo povere, i cosiddetti “figli della Madonna“, così denominati in quanto i genitori li “esponevano” alla misericordia di Maria, da cui anche l’origine etimologica del cognome. La ruota, interamente di legno, è suddivisa in due scomparti superiori ed un piano collocato a metà altezza. Nella parte di sinistra, dotata di sportello di chiusura, vi è il torno, ossia un cilindro di legno che gira su di un perno centrale provvisto di tre varchi: nel primo vi si trova una lastra metallica con due fori in corrispondenza degli occhi della guardiana, detta “rotara”; nel secondo, invece, c’è una piccola finestra che serviva ad ulteriore verifica del contenuto del cilindro; infine, nel terzo si trova un’apertura rettangolare in cui si ponevano i bambini, che venivano poi raccolti in una camera interna (di recente aperta al pubblico dopo un restauro, ndr) e lavati in una vasca che fungeva sia da lavatoio che da fonte battesimale.
Al collo dei piccoli veniva legato un laccetto con una placchetta di piombo sulla quale erano incisi, da un lato, il numero di matricola, dall’altro l’immagine della Madonna. Infine, i piccoli venivano affidati alla nutrice. Alcuni trovatelli recavano con sé un foglio di carta con il nome dei genitori o avevano un pezzo di oro o di argento. Qualsiasi segno particolare veniva annotato in un libro, in modo da rendere più facile un eventuale riconoscimento da parte dei genitori. La ruota divenne la più famosa in Italia e fu chiusa definitivamente nel 1875. Ancora oggi gli Esposito si danno appuntamento davanti al complesso dell’Annunziata il 25 marzo per ricordare il luogo in cui l’umana pietà soccorse la miseria e ne trasse una nuova nobiltà.
Riferimenti bibliografici: “C’era una volta Napoli” di Romualdo Marrone – Periodici Locali Newton (1995), vol. 5, p. 1087 e p. 1116; www.annunziatamaggiore.it