Pace a rischio? Ora è più facile dichiarare guerra, l’allarme del mondo pacifista

I “parlamentari per la pace” chiedono la modifica per alzare i voti al 66% per un atto così grave

passi-di-paceIl mondo pacifista è in subbuglio. La settimana prossima è decisiva per le riforme costituzionali, inclusa quella sul Senato che ha come conseguenza pratica la maggior facilità di dichiarare guerra. Commenti e prese di posizione di Tatiana Basilio (M5S), Vignarca (Reti – Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace e Sbilanciamoci) e Sorini (PCdI).

Alla vigilia dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, il mondo organizzato del popolo pacifista, e molti parlamentari con loro sono preoccupati. E’ vero che il nuovo inquilino del Quirinale avrà qualche prerogativa modificata “al ribasso” rispetto ai suoi predecessori. Ma resta il fatto che il suo ruolo istituzionale principe lo mantiene per intero. Quello di custode, di difensore ed attuatore della Costituzione. Non tanto per non modificare e ammodernare ove fosse necessario, quanto per non snaturare eventuali interventi – che molti denunciano essere in atto – che caratterizzano proprio la Carta Costituzionale e lo spirito infuso dai “padri costituenti”.

Per questo i “parlamentari per la pace”, sono in sintonia con quanto viene denunciato in queste ore dalla “reti per la pace” organismo che h il sostegno di oltre duecento organizzazioni. Per le “Reti”  in particolare, Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo, ha dichiarato. “Abbiamo fatto una nota congiunta con Rete della Pace e Sbilanciamoci, le tre principali reti pacifiste e disarmiste in Italia che raggruppano circa 200 organizzazioni – spiega Vignarca all’Adnkronos – per sottolineare che una modifica così rilevante viene attuata quasi recependo in automatico, formalmente, quasi da burocrate, il fatto che cambia il Senato e contestualmente la legge elettorale”. Quindi, sottolinea il coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo, “il rischio è che la dichiarazione dello stato di guerra sia affidata a un partito che ha la maggioranza in Parlamento grazie alla legge elettorale ma che è in minoranza non solo nel Paese ma nell’elettorato . Una cosa grave per una questione del genere”.

“Alcuni parlamentari hanno presentato un emendamento che innalza il quorum ai due terzi. Noi facciamo un discorso più ampio e vorremmo che su questo tipo di variazioni e su questo tema si aprisse una discussione più generale per capire cosa vuol dire ripudio della guerra e quali meccanismi mettere in pista” – dice Vignarca. “Sicuramente però – aggiunge – la soluzione immediata potrebbe essere la proposta di questi parlamentari che almeno spinge ad alzare il quorum di modo che sia più qualificato, perché altrimenti il rischio è che ci vogliano meno voti per dichiarare lo stato di guerra che per eleggere il presidente della Repubblica”.

La richiesta principale delle organizzazioni pacifiste rimane soprattutto quella di uno stralcio di qualsiasi provvedimento che preveda la modifica dell’articolo 78 della Costituzione che “prevede la dichiarazione dello stato di guerra con la sospensione del naturale corso della democrazia – sottolinea ancora il coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo – E quindi, ad esempio, si riattiva il codice militare. Che questa dichiarazione di riconoscimento di uno stato così grave, che addirittura sospende la democrazia nel suo corso naturale, venga lasciata a una maggioranza che non è più espressione di coalizione ma di un unico partito che vince, è un fatto problematico”. “Non stiamo dicendo che il governo fa un colpo di mano per poter dichiarare guerra domani – precisa Vignarca – però ci sembra che sia stata una leggerezza riguardo a questo tema”.

Proprio una delle protagoniste, firmataria dell’emendamento di salvaguardia che dovrebbe essere discusso in aula la prossima settimana (dopo l’elezione del presidente della Repubblica), la deputata Tatiana Basilio del M5S, ha commentato: ”la questione che riguarda l’articolo 78, è che corriamo il rischio, se non modificato, e con il Senato non più in grado di intervenire sulla materia della pace e della guerra secondo le riforme attualmente in itinere, di lasciare ad una maggioranza relativa di un unico partito di poter dichiarare guerra per conto dell’Italia”. La deputata Basilio, che opera in Commissione Difesa, ha per questo predisposto,” insieme a Giulio Marcon di Sel, ed altri del gruppo dei 160 parlamentari per la pace, quell’emendamento che prevede, intanto, di correggere l’abnormità del degrado decisionale su atti così gravi ed importanti. In particolare – Confidiamo di ottenere la modifica, con l’accoglimento del nostro emendamento, proprio sulla questione della necessità di avere una adesione di almeno il 66% dei presenti al voto se ci fosse la proposta di interventi di guerra. Del resto, – conclude l’esponente del M5S -, non si può trattare il tema della modifica costituzionale di un punto così rilevante e qualificante, al pari di un qualsiasi decreto da portare in aula e modificare più e più volte. Questo dell’art.78, è uno degli elementi che sono fondamentali e che vanno salvaguardati nello spirito che esprimono di freno e non di accondiscendenza a scelte gravi.”.

Fausto Sorini, responsabile esteri della Segreteria nazionale del Partito Comunista d’Italia ha voluto collegare la scelta del nuovo capo dello Stato ad una scelta di pace: “La stessa elezione del nuovo Presidente della Repubblica può e deve essere innanzitutto l’occasione per favorire l’ascesa al Colle di una figura che – diversamente dal ruolo deteriore svolto da Giorgio Napolitano – possa dare un contributo almeno in parte favorevole ad una collocazione internazionale dell’Italia meno subalterna al sistema di guerra e di aggressione militare, più disponibile ad una linea di cooperazione internazionale multipolare. In coerenza coi valori e coi principi della nostra Costituzione”.

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