Come si è schierata la politica italiana di fronte alla vittoria del “no” nel referendum greco. Nonostante il successo al referendum, il ministro delle finanze greco, Varoufakis, si dimette. Le opposizioni attaccano Renzi e la troika
Da Atene arriva un messaggio fortissimo all’Europa dell’Austeriy: al referendum se accettare o meno gli aiuti a costo di altri pesantissimi sacrifici, il popolo ha risposto “no” con il 61%. Il “sì” si è fermato al 39%. Molto buona l’affluenza (superiore al 62,5%) e in linea con le scorse politiche. Ora Grecia e creditori dovranno sedersi di nuovo intorno a un tavolo e cercare di trovare un compromesso, assodato che nessuna delle due parti sembra intenzionata a cedere del tutto.
“Abbiamo dimostrato – ha commentato il premier Tsipras – che non si può ricattare la democrazia. Non è una rottura con l’Ue, domani ricominciamo a lavorare per uscire dalla crisi e riportare alla normalità il sistema delle banche”. Il ministro delle finanze ellenico Yanis Varoufakis, si è rivolto all’Ue e ha detto: “Il no è un sì alla democrazia e all’Ue del benessere”. È notizia dell’ultima ora che quest’ultimo ha deciso di dimettersi e lo ha fatto, secondo quanto spiegato sul suo blog, per favorire Tsipras nello stringere un accordo con i creditori. “Subito dopo l’annuncio dei risultati del referendum, sono stato informato di una certa preferenza di alcuni membri dell’Eurogruppo e di ‘partner’ assortiti per una mia assenza dai loro vertici, un’idea che il primo ministro ha giudicato potenzialmente utile per consentirgli di raggiungere un’intesa – scrive Varoufakis – per questa ragione oggi lascio il ministero delle Finanze”.
La politica italiana, com’è naturale che fosse, non è rimasta estranea agli avvenimenti greci degli ultimi giorni. Ci sono forze politiche che hanno fatto una scommessa, schierandosi apertamente per il “no” e l’hanno vinta. Sel e M5S sono arrivate fino ad Atene con proprie delegazioni di parlamentari e hanno festeggiato, seppur tenendosi ben a distanza, il risultato del referendum in piazza Syntagma. Tra Sel e M5S ci sono grosse distanze sulla moneta europea e sul suo ruolo: Vendola non vuole che la Grecia esca dall’euro, Grillo critica la moneta europea, che a suo dire ha dato grossi problemi anche all’Italia. Entrambi sono accomunati dall’essere contro le politiche europee di austerità. Per il M5S, il referendum della Grecia (al di là del risultato che ha avuto) è comunque la vittoria di un metodo: quello della democrazia diretta. Lo ha spiegato Luigi Di Maio, affermando: “Le forze politiche che non hanno nel loro programma misure lacrime e sangue, devono avere il coraggio di chiedere ai cittadini. Oggi siamo qui per festeggiare un metodo”.
“Questa vittoria del NO – ha affermato Vendola – rappresenta la prima incontenibile crepa nel nuovo muro di Berlino ed un colpo formidabile alla religione della austerity. Non ha perso solo la Troika ma anche la signora Merkel e Matteo Renzi”. Grillo invece ha affermato: “No potere alle banche. Un banchiere non è né buono, né cattivo, vuole i profitti. I banchieri a fare scelte politiche non ci devono stare. E l’inizio è questo”.
Salvini apertamente contro la moneta unica aveva deciso di non recarsi ad Atene e aveva detto: “Ritengo più utile parlare con gli italiani piuttosto che farmi 2 giorni di vacanza accucciandomi accanto a un pensionato piangente in fila al bancomat, anche perché, di questo passo, i pensionati così li avremmo presto anche da noi. Non capisco come la sinistra italiana possa essere contro il debito e l’austerity, ma non contro la moneta unica”.
“In Grecia ha vinto la democrazia e adesso in Europa nulla sarà più come prima”. Questo il tweet di commento sull’esito del referendum in Grecia di Renato Brunetta. “L’Europa a trazione tedesca ha sbagliato in tutti questi anni”, scrive ancora il presidente dei deputati di Forza Italia. “L’Europa ha sbagliato, l’Europa deve cambiare”. Quella di Brunetta è un pò la linea di tutta Forza Italia, per l’euro ma contro la “germanizzazione dell’europa”.
In tutto questo, il premier italiano Matteo Renzi ha scelto di assumere una posizione quasi da “spettatore”. Dapprima contro l’austerità, negli ultimi mesi si è accodato alla politica della cancelliera tedesca Angela Merkel, che di fatto è la paladina della linea di austerità in Europa. Ora Renzi deve scegliere se far diventare protagonista l’Italia, magari cercando di mediare tra la posizione di Atene e le istituzioni europee o lasciare che decidano, come sempre avviene, la Merkel e Hollande.