La battaglia di Civati in otto referendum. Dall’Italicum al Jobs Act, passando per la Buona Scuola

Ignorata dai media mainstream, la raccolta firme sta andando avanti e si concluderà il 30 settembre. Ma riuscire a raccogliere 500mila firme per una formazione politica nata da poco non sarà facile

Pippo CivatiPippo Civati, ex deputato dem – ora al gruppo misto dopo l’addio al Partito Democratico del 6 maggio scorso – prova a rimediare alle riforme, giudicate cattive, di quello che lui definisce l’uomo solo al comando nel Pd, cioè del premier Matteo Renzi. Lo fa attraverso la neonata formazione politica Possibile da lui fondata, che è impegnata anche in questi giorni a raccogliere le firme per 8 referendum.

Il primo quesito riguarda la nuova legge elettorale. L’Italicum, che entrerà in vigore il 1° luglio 2016 e prevede dei grossi colleggi plurinominali, nei quali ogni partito dovrà indicare un capolista bloccato, più i candidati eletti tramite preferenze. Il risultato sarà che i partiti che prendono meno voti, finiranno per eleggere quasi solo capilista, quindi nominati. Per questo, il primo quesito per cui si raccolgono le firme, riguarda “l’eliminazione dei capilista bloccati e delle candidature plurime”. Tutti saranno eletti con preferenze e ci si potrà candidare solo in un collegio.

Il secondo quesito prevede l’eliminazione completa dell’Italicum, prima della sua entrata in vigore. Il terzo, riguarda l’eliminazione delle norme – quelle del “Decreto sviluppo” (governo Monti, 2012) –, che derogano al divieto generale di trivellazioni entro le 12 miglia dal perimetro delle aree protette marine e terrestri. Di stampo ambientalista anche il quarto quesito, che propone l’eliminazione del “carattere strategico delle trivellazioni”. Il quinto quesito propone di eliminare le “procedure speciali per le grandi opere volute nel 2001 dal Governo Berlusconi”.

Con il sesto quesito si affronta il tema del lavoro e del discusso Jobs Act, voluto fortemente da Renzi. Si punta all’esclusione del “demansionamento”, per effetto del quale con l’attuale legge il datore di lavoro può decidere, in totale autonomia, di affidare mansioni diverse al lavoratore. Attualmente è inoltre prevista dal Jobs Act, la possibilità di far svolgere mansioni inferiori associate ad una riduzione della retribuzione. Con il settimo quesito si vuole eliminare l’attuale normativa sui licenziamenti e assicurare uguali protezioni tra vecchi e nuovi assunti. L’ultimo quesito, l’ottavo, riguarda la riforma della scuola e punta “all’eliminazione del potere di chiamata diretta da parte del preside-manager”.

Non sarà facile raggiungere le firme necessarie: 500mila elettori. Ad un scarsa copertura mediatica si aggiunge la frammentazione delle forze, che pur essendo contro le riforme del governo Renzi, continuano a dividersi sul modo di portare avanti una battaglia, che dovrebbe vederli uniti. Questo avviene soprattutto all’interno del mondo della scuola. Il comitato Lip ha chiesto a Civati tempi più lunghi di riflessione per decidere sul da farsi. Si sostiene, infatti, che solo tramite una più attenta riflessione si riuscirà a proporre un quesito referendario che possa risultare inattaccabile oltre a cercare una comunione di intenti tra le diverse forze e movimenti che hanno dato vita alla mobilitazione. Per quanto riguarda i quesiti ambientali, sono stati sottoscritti dai presidenti di alcune regioni – fra cui il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano, sempre più inviso al premier per la sua battaglia contro le trivelle – e dai verdi.

Si può firmare fino al 30 settembre ai banchetti, organizzati più o meno su tutto il territorio nazionale. In alternativa ci si può recare a firmare presso il proprio comune di appartenenza.

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