Energia, che fare? Il dibattito scientifico su quali fonti di energia impiegare, in sostituzione totale o parziale del petrolio, è aperto ormai da decenni. Dopo aver archiviato, pare definitivamente, dopo le recenti sciagure del terremoto in Giappone, l’uso del nucleare, molte sono le fonti energetiche alternative ed ecocompatibili. Eolico, fotovoltaico ed ora sembrerebbe si stia prendendo sempre più seriamente in considerazione il geotermico.
Per estrarre e usare il calore imprigionato nella Terra, è necessario individuare le zone dove il calore terrestre è concentrato: il serbatoio o giacimento geotermico. Ed i Campi Flegrei, per la geotermia, sono come l’Arabia Saudita per il petrolio. Il problema dello sfruttamento dell’energia geotermica è come avviare un processo secondo metodologie che rispettino ambiente e popolazione locali.
Il governo italiano ha varato dei decreti al fine di promuovere la ricerca di risorse geotermiche finalizzata alla sperimentazione di impianti pilota. Il Decreto Legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, modificato dal Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28 ha previsto che al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale ed alla sperimentazione di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale.
L’autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l’intesa con la regione interessata.
La zona di Agnano rientra, insieme con Forio d’Ischia ed altre zone d’Italia, nella sperimentazione, ma la particolarità di questa conca che altro non è che un vulcano quiescente scatena reazioni contrastanti.
Il programma internazionale che prevede la perforazione del supervulcano dei Campi Flegrei si chiama “Campi Flegrei Deep Drilling Project” ed è finanziato dal Consorzio internazionale per le perforazioni profonde continentali.
Il Comune di Napoli proprietario al 90% del sito dove avverrà la perforazione, nell’area di Bagnolifutura ha dato il suo benestare come ha dichiarato il coordinatore del progetto Giuseppe De Natale, dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv). Si partirà con un primo pozzo, profondo 500 metri e del diametro iniziale di 30 centimetri che in profondità diventeranno 12 centimetri.
Il costo di questo primo pozzo, ha proseguito il coordinatore del progetto, “sarà di 400-500 mila euro, sarà una sorta di osservatorio vulcanico in profondità che permetterà di aumentare di 3 ordini di grandezza la possibilità di rilevare i più piccoli segnali sismici”.
I professori del dipartimento di Scienze della terra della Federico II hanno scritto al sindaco De Magistris , ed il direttore del dipartimento Enzo Morra dice: “Vorremmo esprimere un parere dopo aver visto i documenti ufficiali.” Mentre il professor Benedetto De Vivo della Federico II , che da sempre lancia l’allarme sul “Deep Drilling” asserisce che è un progetto che non consente di avere certezze sul comportamento della terra.
Secondo gli studiosi non è possibile valutare le reazioni del supervulcano alla perforazione. C’è anche la possibilità, remota, che possano svilupparsi microterremoti, fughe di gas tossici, addirittura esplosioni incontrollate. Proprio per questo il progetto venne bloccato, nel 2010 dalla giunta Iervolino che non ebbe risposte certe dalle autorità sulla sicurezza delle operazioni. In Italia anche se esistono delle possibili alternative al petrolio, il loro sfruttamento non raggiunge mai gli obiettivi per i quali si era intrapresa questa strada, percorrendo per tortuosi e talvolta oscuri passaggi ma alla fine il risultato è sempre deludente.
A quando una fonte energetica che metta d’accordo tutti sia sul risultato che sulla realizzazione?