Il 13 Giugno 2012, I carabinieri del Ros, durante l’operazione ”Ardire”, hanno eseguito 10 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Perugia, nei confronti dei maggiori presunti esponenti dell’organizzazione Fai/Fri (Federazione Anarchica Informale/fronte Rivoluzionario Internazionale), accusata di aver effettuato attentati con pacchi o buste esplosive, in Italia e all’estero.
Il comandante del Ros, generale Giampaolo Ganzer ha sottolineato, nel corso della conferenza stampa Perugina, che “la matrice dell’attentato Ansaldo è la stessa, e lo sviluppo delle indagini punta ora ad individuare gli autori dell’attentato all’ad della Ansaldo Nuclere Roberto Adinolfi”.
Al momento gli arrestati sono accusati di associazione con finalità di terrorismo ed eversione, dell’ideazione e organizzazione degli attentati del dicembre 2009 all’Universita’ Bocconi di Milano e al Cie di Gradisca d’Isonzo (GO), dell’organizzazione e dell’esecuzione degli attentati del dicembre 2011 contro il direttore generale di Equitalia in Roma, la Deutsche Bank di Francoforte e l’Ambasciata greca di Parigi.
Per l’attentato a Roberto Adinolfi, avvenuto a Genova il 7 maggio scorso, allo stato attuale non risulta invece nessun arresto.
Ecco alcuni commenti della politica italiana: “L’operazione dei carabinieri del Ros è una risposta dello Stato a tante situazioni che si sono verificate e sulle quali si stava lavorando da tempo” (Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri). E: “c’e’ stata una reazione dello Stato (…). Un’approfondita opera di analisi del fenomeno (da parte degli organismi di intelligence). Il Copasir ha seguito le vicende che hanno dato motivo di allarme anche per la pericolosità delle forme di terrorismo anarchico e che già da tempo e’ stata presa coscienza da parte delle strutture preposte. E’ stata più volte approfondita la questione e c’e’ la massima attenzione sui pericoli che si legano a tempi così difficili come quelli attuali.” (Massimo D’Alema, Presidente Copasir – Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica. Organo del Parlamento italiano per il controllo dei servizi segreti).
Chi è il comandante del Ros generale Giampaolo Ganzer? Un uomo dello Stato condannato in primo grado a 14 anni di carcere dai Giudici di Milano (l’accusa ne aveva chiesti 27), nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga. Ecco le parole usate dai giudici, contenute in uno stralcio delle 1.100 pagine delle motivazioni, e pubblicate in un interessante articolo de IlSole24Ore il 27.12.10: Il generale Giampaolo Ganzer “non si è fatto scrupolo di accordarsi” con “pericolosissimi trafficanti” per raggiungere “gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione”.
La sete di carriera avrebbe quindi reso l’attuale comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri (Ros) capace “di commettere anche gravissimi reati”. Secondo i giudici dell’ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, il generale (definito dalla “preoccupante personalità”) “non ha minimamente esitato (…) a dar corso” ad operazioni antidroga “basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto”. Ganzer “non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti e ha loro garantito l’assoluta impunità”. Il comandante del Ros “ha tradito, per interesse personale, tutti i suoi doveri, e fra gli altri quello di rispettare e far rispettare le leggi dello Stato”.
I giudici, oltre a Ganzer, avevano condannato altre 13 persone – a pene variabili dai 18 anni in giù – tra cui anche il generale Mauro Obinu e altri ex sottufficiali dell’Arma. Nel motivare la mancata concessione a Ganzer delle attenuanti generiche, il collegio scrive che le stesse attenuanti non possono essere riconosciute “non solo per l’estrema gravità dei fatti, avendo consentito che numerosi trafficanti (…) fossero messi in condizioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell’assoluta impunità, ma anche per la preoccupante personalità dell’imputato, capace di commettere anche gravissimi reati”. Ganzer, si legge ancora nel documento, ha tradito il dovere di “fare rispettare le leggi dello Stato, quello di contrastare la delinquenza e non favorirla (…), quello di essere d’esempio per tutti gli uomini che gli erano stati affidati”. L’imputato, scrivono ancora i giudici, “ha evitato, per quanto gli è stato possibile, di esporsi, facendo figurare altri come responsabili di iniziative che invece erano sue”. Colpisce, si legge ancora nelle motivazioni, “nel comportamento processuale di Ganzer, non tanto il fatto che non abbia avuto alcun momento di resipiscenza (…) ma che abbia preso le distanze da tutte le persone che, con il suo incoraggiamento, avevano commesso i fatti in contestazione”.
Il generale, secondo i giudici, si è trincerato “sempre dietro la non conoscenza e la mancata (e sleale) informazione da parte dei suoi sottoposti”. Così, per “sfuggire alle gravissime responsabilità” ha “preferito vestire i panni di un distratto burocrate che firmava gli atti che gli venivano sottoposti”. Il generale non è stato rimosso dopo la condanna.
Il giorno dopo la condanna in primo grado, l’allora Ministro dell’Interno, Roberto Maroni (Leghista) ribadì la sua piena fiducia nel Ros e nel suo comandante. Per questo motivo il militare non venne rimosso.
Da un articolo de La Repubblica del 14.04.10: “inoltre ad alcuni è stato contestato, tra i quali i generali Ganzer e Obinu, anche di aver importato nel ’93, da Beirut in Italia, 119 kalashnikov, due lanciamissili, quattro missili e numerose munizioni“. E: “Fatti “gravi” anche se, come aveva tenuto a precisare il pm, “questo non è un processo a carico del Ros, non è un atto di accusa contro l’Arma dei carabinieri, di cui tutti riconoscono la delicatissima funzione, il valore e l’impegno (…), ma alle deviazioni all’interno dell’Arma”.
La domanda a questo punto è come sia stato possibile consentire alla politica di ficcare lo Stato in una situazione tanto paradossale. Un corto circuito dove l’Ente giudicante si avvale dell’opera di un criminale condannato in primo grado per reati incredibilmente gravi, per indagare e porre in arresto persone sulla base di indizi. Con quale credibilità lo Stato potrà presentarsi in Tribunale con la formula “Lo Stato contro…”?
Se è stata attuata una simile anomalia nell’ambito della Giustizia, allora il codice civile e penale potrebbero non aver più alcun senso. E a questo punto ci chiediamo quali siano i nuovi criteri per il rispetto delle Leggi italiane.