#VentiRighe – Più robot, meno lavoro

Uno sguardo particolare al futuro del terzo millennio, in sede di pronostico di inizio anno, conviene posarlo sull’evoluzione, o involuzione, del mondo del lavoro dove perfino le attività più umili e mal pagate, in gran parte assolte da immigrati schiavizzati dai famigerati “caporali” finiranno, soppiantate da macchinari sempre più sofisticati

La tecnologia ci ha introdotto nella stagione robotica del mondo e niente sembra che potrà arrestarla. Automazione e umanoidi provvedono già alla produzione industriale di auto ed elettrodomestici, di prodotti alimentari, si avviano ad assumere il compito casalingo proprio delle collaboratrici domestiche, a diventare indispensabili in chirurgia, a innovare il mondo dell’auto senza nessuno alla guidai e di altre centinaia di attività affidate finora all’uomo. L’esito di cui la società italiana e mondiale sembra preoccuparsi poco è la perdita di mestieri, professioni e milioni di posti di lavoro.

Sono  a rischio mestieri tradizionali, almeno una decina appena entro il 2022. Qualche esempio: gli agenti di viaggio, in crisi per il fai da te dei turisti. Scomparirà la figura dell’assistente di volo e le sue funzioni saranno sostituite da mezzi tecnologici. Diventerà inutile anche il lavoro dei “letturisti” di aziende che erogano servizi (luce, acqua, gas, eccetera), quello di gran parte dei bancari, già in atto con migliaia di licenziamenti provocati dall’era dell’on line. Tempi duri anche per i portalettere, minacciati dalla consegna a domicilio effettuata da droni. Si ridimensioneranno quantità e ruoli della carta stampata, surclassata dai media  radiotelevisivi, dall’informazione in tempo reale fornita 24h dai siti sempre più frequentati dagli internauti.

Ogni atto dei rapporti tra cittadini e istituzioni avverrà su computer, smartphone e chissà quale altra diavoleria inventata dall’informatica. L’orizzonte dell’inedito che ci aspetta non sembra avere confini e alimenta i timori per la ricaduta sull’occupazione e non meno del gap che separa il mondo dell’innovazione promossa da condizioni generali di vantaggio dal pianeta dall’arretratezza economica e culturale di mezzo mondo. Aggravante del problema è la progressiva disaffezione per mestieri di antica tradizione. I vecchi artigiani del legno, del ferro, altri lavoratori specializzati di ogni genere, non hanno più a chi trasmettere le rispettive competenze. Troppi giovani respingono i tempi del rodaggio che un tempo precedeva l’ingresso a pieno tiolo nel mondo del lavoro con un periodo di apprendistato. Purtroppo la politica non riesce a liberarsi dell’improduttività diffusa di contrapposizioni sterili, anche extraparlamentari e perde consensi vistosamente, inputata di occuparsi male del presente  e quasi niente del futuro che incombe con mille incognite.

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