Il 29 novembre del 1947 si votò alle Nazioni Unite la spartizione della Terra Santa in due Stati: Israele e Palestina. Con ben 65 anni di ritardo sulla tabella di marcia, la Palestina diventa “Stato osservatore non membro”. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo ha infatti sancito con 138 voti a favore su 193, il 29 novembre 2012. L’Italia ha votato sì, ma l’Europa si è dimostrata disunita non esprimendo una posizione comune.
Una risoluzione storica la 67/19 dell’ONU, una vittoria diplomatica voluta con forza dal Presidente dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese), Abu Mazen, accolto da un caloroso applauso all’Assemblea. I vertici dell’ANP però lo considerano solo il primo passo verso la nascita dello Stato della Palestina e il suo riconoscimento come Stato membro, a pieno titolo, delle Nazioni Unite.
Alla votazione si è giunti dopo 8 giornate di incessanti bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, bombardamenti che hanno causato la morte di 147 palestinesi tra miliziani e civili, di questi certamente 36 erano bambini. Mentre Israele invece veniva raggiunta dai missili, lanciati dal movimento islamico di resistenza Ḥamās (organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare, che combatte l’occupazione israeliana della Palestina storica) in direzione di Tel Aviv e, per la prima volta dall’inizio del conflitto, di Gerusalemme. Sul versante israeliano si conteranno alla fine 6 vittime: 2 soldati e 4 civili.
Per Netanyahu, primo Ministro israeliano, come per gli Stati Uniti, “Uno Stato palestinese potrà nascere solo attraverso un negoziato che porti a un definitivo e duraturo accordo di pace”, e il 2 dicembre il suo Governo respinge la risoluzione dell’ONU che riconosce la Palestina come Stato osservatore non membro. Il documento, approvato dal Governo israeliano con voto unanime, afferma: “Il popolo ebraico ha diritti naturali, storici e legali sulla sua madrepatria con Gerusalemme capitale. (…) Lo Stato d’Israele, come stato del popolo ebraico, ha diritti e rivendicazioni su aree che sono contese nella terra d’Israele”. Gli israeliani confiscano anche 420 milioni di shekel, circa 120 milioni di dollari, dei fondi fiscali che raccolgono per conto dell’Autorità Nazionale Palestinese per pagare il debito dell’ANP per la fornitura elettrica. Infine Israele conferma la costruzione di 3mila nuovi alloggi in Cisgiordania, decisione molto criticata a livello internazionale. Secondo i media israeliani, e non solo, si tratta di una vera e propria rappresaglia contro il voto all’Assemblea Generale dell’ONU.
Il conflitto tra israeliani e palestinesi sembra a una svolta, ne discutiamo con Mustafa Qadduri, 1° Segretario della Missione Diplomatica Palestinese a Roma.
Coloni. Nuovi insediamenti autorizzati da Israele. Il punto di vista palestinese?
“Questa provocazione non è la prima e non sarà l’ultima. Gli israeliani, da quando hanno occupato i territori palestinesi nel 1967, hanno perseguito la politica di costruzione di insediamenti sulle terre palestinesi. Insediamenti che contraddicono tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite. Insediamenti che ostacolano la creazione di uno Stato palestinese futuro, quindi gli israeliani continuano ad andare avanti con la loro prepotenza conosciuta. Noi chiediamo agli Stati Uniti d’America e all’Europa, a tutti gli amanti della Pace e della Giustizia nel mondo, di fare qualcosa per fermare questa politica arrogante dello Stato di Israele. Gli insediamenti sono costruzioni unilaterali in contraddizione con tutti gli accordi che ha fatto l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) con Israele.”
La Palestina è stata riconosciuta come Stato osservatore non membro all’Organizzazione delle Nazioni Unite. E ora?
“Innanzitutto noi vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno votato a favore della Palestina come Stato, non membro, osservatore alle Nazioni Unite. Perché questa decisione doveva essere presa 65 anni fa, sulla base della risoluzione delle Nazioni Unite stesse (Risoluzione 181 – NDR), del 29 novembre 1947, quando sancirono la spartizione della Palestina in due Stati, uno palestinese e uno israeliano. Quello israeliano è nato 65 anni fa. Quello palestinese era in attesa della sua nascita. Noi speriamo che, in questo modo, sia emerso il primo passo per la creazione dello Stato palestinese.”
Sarà un freno per Israele?
“Ciò che è consentito agli israeliani è in parte conseguenza delle lobby del mondo, e in altra parte ci sono delle colpe, dei complessi di colpa, che qualcuno ha nei confronti degli Ebrei, ma che noi stiamo pagando in prezzo altissimo, tutt’ora. Quindi, per non parlare più del passato, io credo che dobbiamo parlare di adesso, del futuro, questo sì che deve aprire la strada verso la creazione dello Stato della Palestina. Se Israele, se l’Europa, se gli Stati Uniti d’America, se gli amanti della Pace vorranno vedere una Pace vera nella zona, nell’area, in tutto il mondo, devono far sì che lo Stato della Palestina venga creato in un modo molto lineare, chiaro.”
I nuovi insediamenti di Israele. Cederete alla provocazione o è previsto un passo diplomatico differente?
“Guardi noi abbiamo già ceduto troppo a Israele. Noi abbiamo accettato la creazione dello Stato palestinese sul 22% della Palestina storica mandataria (Il Mandato britannico della Palestina fu un’istituzione storica che permise al Regno Unito di governare la Palestina tra il 1920 e il 1948 – NDR), quindi noi siamo decisi di non cedere più nulla a Israele. Noi vogliamo la creazione di uno Stato palestinese, che abbia la possibilità di vivere come Stato, privo di tutti gli insediamenti israeliani sulla terra palestinese. Vogliamo uno Stato palestinese nei territori palestinesi che Israele ha occupato nel 1967, compresa Gerusalemme Est come Capitale.”