“Decreto del Fare”, con Letta sparisce il tetto di 300mila euro per i grandi manager

parlamentoNapoli 24 luglio – Tornano sotto la lente d’ingrandimento i grandi provvedimenti per il “Decreto del Fare.” Dopo l’attuazione del decreto “Salva Italia” firmato dall’ex presidente del Consiglio Mario Monti, con il quale veniva fissato un tetto massimo per le retribuzioni dei manager pubblici, il governo Letta riesce a trovare una scappatoia, abolendo definitivamente il limite di 300mila euro per gli stipendi dei grandi gruppi che operano a servizio dello Stato.

Eppure, almeno per quanto riguarda l’applicazione della normativa, il governo in carica doveva secondo alcuni  necessariamente fare un’analisi più attenta sul caso, magari mettendo in campo nuove strategie per arrivare a soluzioni più congeniali. Intanto, sia per gli “interessi forti” che prevalgono su tutti e tutto, sia per salvaguardare l'”incolumità” di alcune grandi categorie, “il tetto retributivo – si legge in una nota del Ministero dell’Economia – non è esteso per tutti quei gruppi che svolgono servizi di interesse generale.”

Il Governo va avanti con convinzione e cerca di spiegare i motivi di una scelta. “Duole rilevare come una norma che introduce elementi di uniformità e di regolazione nella determinazione dei compensi per i manager pubblici – continua la nota – venga interpretata come tentativo di eliminare il tetto retributivo.”

Si cerca di fare luce su importanti scenari futuri, dal momento che, infatti, il provvedimento auspica “in modo fortemente innovativo, che il trattamento economico dei manager venga determinato dal ministro dell’Economia, secondo criteri che tengano conto dei risultati aziendali nonché delle migliori pratiche internazionali, disponendo altresì il divieto dell’erogazione di componenti variabili degli emolumenti degli amministratori, nel caso in cui il risultato d’esercizio delle società non sia positivo”.

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