Tre le gare d’appalto nel mirino dell’inchiesta per un valore pari ad oltre tre milioni di euro
Napoli, 22 gennaio – A conclusione delle indagini condotte in merito a degli appalti truccati presso l’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, la Dda di Napoli ha eseguito 24 ordinanze di custodia, di cui 10 in carcere e 14 ai domiciliari, in un blitz ai danni del clan dei Casalesi, con accuse che vanno dall’associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta e abuso ufficio.
Nel corso delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm Antonello Ardituro e Alessandra Lucchetti, è emerso infatti che l’ospedale era controllato dalla famiglia Zagaria, fazione del clan dei Casalesi del comune di Casapesenna.
Secondo quanto reso noto dalla magistratura, si trattava di “una pervasiva e consolidata rete di connivenze e collusioni, sotto la regia dei boss della camorra casertana, tra appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, della politica e dell’imprenditoria”. Nel mirino dell’inchiesta vi sarebbero ben tre gare di appalto, affidate sempre alla stesse ditte per un valore complessivo pari ad oltre tre milioni di euro. Il gip Giuliana Taglialatela ha dichiarato che “Francesco Zagaria aveva costanti contatti con i più importanti esponenti politici campani e spesso aveva fatto da mediatore in complicate controversie che nascevano tra loro. Quasi che le sorti politiche della Regione Campania fossero affidate al cognato del più importante camorrista della stessa regione, peraltro all’epoca latitante da quasi quindici anni”.
Dalle indagini si evince quindi che “Francesco Zagaria, un geometra di Casapesenna, insieme al suo fidato autista e factotum, Remo D’Amico, un pensionato di Francolise gestore di un piccolo caseificio del casertano, avevano in pugno le sorti di uomini ritenuti potentissimi”. Particolarmente significativi anche i sequestri eseguiti dalla Dia, tra cui figurano quattro ditte (Odeia srl, R.D. Costruzioni, Luigi Iannone e Salvatore Cioffi), 18 immobili, undici terreni, un box auto, tre autovetture e quote societarie per un valore di 12 milioni di euro.
Nell’ordinanza del gip sono comparsi anche alcuni nomi di rilievo, tra cui Stefano Caldoro, Presidente della Regione Campania e Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ma in merito alla questione, Giovanni Colangelo, procuratore capo di Napoli, ha sottolineato che la presenza del nome di Caldoro nell’inchiesta “non ha acquisito alcuna rilevanza penale”.
Lo stesso Caldoro ha immediatamente precisato che “bisogna garantire trasparenza e legalità e continuare il duro lavoro di risanamento avviato in questi anni con costanza e impegno in un settore complicato. Andiamo avanti avendo piena fiducia nell’operato della magistratura ed essendo i più interessati al corretto andamento delle procedure”.
FOTO: tratta da ansa.it